Ernestina Telmatt (1877-1972), ultima degli otto figli di un ufficiale francese, nasce in Algeria, a Orano, sede di una prefettura coloniale. Si trasferisce a Parigi, frequenta il Conservatorio, studia canto, violino e pianoforte, si diploma e debutta a 18 anni all'Opèra Comique. Si sceglie il nome d'arte di Emma Vecla, in omaggio alla sua madrina, la cantante Emma Calvè, di cui anagramma il cognome. Passa da una tournée all'altra, diventando una star, con fan disposti a tutto per starle vicino. A Milano incontra Giulio Ricordi che la convince a dedicarsi solo all'operetta e perfino Lehar si scomoderà per venirla a omaggiare al teatro Dal Verme in occasione della cinquantesima delle 200 repliche de "La vedova allegra". Allo scoppio della guerra abbandona i teatri e si dedica con appassionata dedizione all'assistenza dei feriti, rivelando la sua vocazione filantropica che, grazie anche al consistente patrimonio del marito, il facoltoso uomo d'affari Salvatore Cottone, dagli anni Trenta contraddistinguerà tutta la sua vita. A beneficiare della sua generosità sono l'Istituto dei Ciechi, l'Ospedale Maggiore, che le dedica addirittura un padiglione, il Museo della Scienza e della Tecnologia, che grazie alla sua cospicua donazione allestisce la Sezione degli Strumenti Musicali, e la Casa di Riposo dei Musicisti Giuseppe Verdi, che l'accoglie poi tra i suoi ospiti e dove si spegne all'età di 95 anni. La commissione del ritratto viene affidata a Onofrio Tomaselli, da lei espressamente indicato. La rappresenta in modo che nulla evochi il suo passato di donna di spettacolo. L'abito è scuro e semplice, ravvivato da tre tocchi di bianco; le scarpe che spuntano dall'orlo del vestito sono sobrie décolleté; i capelli corti e ondulati. Seduta su una severa savonarola,in una posa garbata, con le mani intrecciate all'altezza del ginocchio accavallato, ha alle spalle un tendaggio, che forse allude alla lontana al sipario di uno dei teatri dove calcava le scene.
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