Giacomo Foà, nato ad Asti nel 1871, è, insieme alla moglie Adelaide Treves, una vittima delle persecuzioni fasciste contro gli ebrei. La data di morte 6/2/1944, infatti, nella scheda CDEC (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea), viene fatta coincidere con l'arrivo ad Auschwitz del Convoglio n. 6, partito il 30/1/1944 da Milano. Per cercare di sfuggire alle persecuzioni antisemite, la coppia si era trasferita nel Varesotto, con la speranza di riuscire a valicare il confine e riparare in Svizzera. Vengono invece intercettati ad Arcisate (Varese), condotti prima a Como, poi al carcere di San Vittore e da lì al campo di Fossoli, presso Carpi, campo di concentramento e transito. Tradotti ad Auschwitz, non vi fecero più ritorno. Il 9 giugno 1950 il Tribunale di Milano pronunciò la sentenza di "morte presunta" Nel testamento, redatto poco prima dell'arresto, Giacomo Foà aveva destinato all'Ospedale Maggiore l'appartamento di via Uberti acquistato con i risparmi sul suo stipendio di ispettore delle imposte. La commissione del ritratto viene affidata a Vittore Ugo Bartolini, che con scarso materiale iconografico cui ispirarsi, esegue un'opera suggestiva, quasi monocroma, dove la figura del benefattore ha un rilievo quasi scultoreo, e il viso un'espressione spenta, quasi un'allusione alla barbara tragedia finale della sua vita.
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