Il dipinto è datato 1589 sul panno che ricopre il tavolo, sotto lo stemma bipartito Leoni-Bentivoglio. Un’iscrizione sul retro ha permesso di identificare la giovane donna e il suo doloroso destino: morì prematuramente, solo tre anni dopo l’esecuzione del ritratto. L'opera mostra la fase più intensamente sperimentale di Ludovico Carracci: pur costretta nella posa severa e controllata, la nobildonna lascia trasparire attraverso la torsione del capo quasi affaticata e l’espressione malinconica del viso quel mesto “lasciarsi vivere” che è il dato più nuovo del dipinto. Il Carracci riesce qui a manifestare tali tratti psicologici ed esistenziali in un impianto rigidamente “di etichetta”, dimostrando così la straordinaria capacità introspettiva da lui raggiunta attorno al 1590. Notava Francesco Arcangeli (1970) che i personaggi ritratti dall’artista in queste date “non posano, ma si affacciano quasi distrattamente alla tela nella loro inconsapevole naturale verità”.