Il conte Pietro Francesco Visconti Borromeo (1747-1823), gentiluomo di Camera di Maria Teresa d’Austria, ricopre importanti incarichi cittadini, come spettava a esponenti del suo rango. Lascia all’Ospedale un’eredità costituita da immobili situati nel territorio monzese, per il valore di 440.000 lire. L’esecuzione del ritratto viene commissionata al celebre pittore del romanticismo italiano Francesco Hayez, che lo rappresenta, probabilmente in un ambiente della sua casa di Corso di Porta Nuova, con un’elegantissima mise settecentesca: parrucca bianca, raffinata redingote blu ricamata, classico fazzoletto con trine e sbuffi al collo. Con la mano guantata sfoglia le pagine di un prezioso breviario ambrosiano, la cui antiporta incisa riproduce il ritratto di san Carlo del Cerano, pittore della Controriforma. L’attenzione si concentra sull’abbigliamento, mentre i dettagli dell’arredo sono essenziali. Dalla finestra si scorge uno scorcio del Duomo. Gli abiti del conte sono anacronistici (siamo nel 1823 ed è raffigurato “in costume” del Settecento). Non è un “errore” dell’artista, ma un modo per sottolineare come il nobiluomo fosse rimasto ideologicamente legato al periodo storico precedente, non però in maniera nostalgica, ma con un evidente senso di consapevole appartenenza, come rivela l’orgogliosa ostentazione del vestito (e del testo sacro dell’epoca del Cardinale Borromeo), su cui si focalizza lo sguardo dell’osservatore.