Pietro Labus (1893-1949), milanese, figlio di Carlo, medico dell'Ospedale Maggiore (a sua volta benefattore), fondatore dell'otorinolaringoiatria come specialità autonoma, pronipote di Giovanni, archeologo, epigrafista e scultore, nipote di Stefano, uno zio consigliere della Ca' Granda dal 1890 al 1900, e da parte di madre, nipote del senatore Antonio Giovanola, senatore e ministro di Vittorio Emanuele II, a 15 anni è orfano di entrambi i genitori. Si laurea, riprendendo gli studi interrotti per motivi di salute, in ingegneria civile. Lavora per quattro anni in Francia e, al ritorno in Italia, viene assunto alla Pirelli, dove si occupa del settore costruzioni in cemento armato. Rimane in quell'azienda per 11 anni, ma viene poi epurato in quanto antifascista. Sono anni difficli e dagli sbocchi professionali quasi nulli per chi non aderisce al Regime. La situazione migliora alla fine del secondo conflitto mondiale e nel 1947 Pietro viene assunto alla Edison. Pubblica anche su riviste specialistiche diversi studi di glaciologia, disciplina cui si era accostato per hobby nelle sue lunghe passeggiate in montagna. Si sposa in età già matura e muore dopo un solo anno di matrimonio. Nel testamento, stilato sei anni prima della sua scomparsa, lascia all'Ospedale un piccolo terreno edificabile a Milano, una casetta di sua proprietà a Cannobio e alcuni titoli, affinché il ricavato venga destinato "ad un'opera di carattere stabile e duraturo" da intitolare al padre, del quale consegna all'Ospedale quanto era rimasto dei libri e delle pubblicazioni: Carlo Labus, infatti, aveva lasciato in eredità alla Ca' Granda molti anni prima la sua intera biblioteca specialistica per la costituenda biblioteca medica dell'Ospedale. La commissione del ritratto dell'architetto Pietro viene affidata a Ugo Vittore Bartolini, che rappresenta la figura del personaggio ben delineata e preponderante nella composizione, in un quadro in cui predominano le tinte scure, rischiarato dallo scorcio di paesaggio con lo sfondo di montagne innevate che si vede dalla finestra, allusione alla passione del benefattore per la montagna.
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