Ritratto del clarinettista Ernesto Cavallini (1807-1874)

Il clarinettista Ernesto Cavallini (1807-74) fu fratello del più celebre Eugenio. Come quest’ultimo (che fu primo
violino per più di 20 anni), suonò nell’orchestra della Scala e insegnò al Conservatorio. Il dipinto che lo ritrae è di anonimo. In archivio si trova
anche una curiosa caricatura. Il suo posto è qui accanto a Verdi perché il compositore scrisse proprio per lui la parte di clarinetto alla prima di San
Pietroburgo de La forza del destino, nel novembre del 1862. Esiste nelle collezioni del Museo una curiosa foto dell’epoca del compositore in Russia. Cavallini suonava uno strumento a 6 chiavi, ma ciò non gli impedì di essere soprannominato “il Paganini del clarinetto”. Compose numerosi pezzi per il suo strumento, e il primo metodo pubblicato in Russia. Curiosa l’analogia tra Verdi e Mozart nell’interesse per il clarinetto. Abbiamo visto il lungo assolo dalla Forza del destino scritto per il Cavallini. Gioverà qui ricordare il rapporto di amicizia e il sodalizio artistico che legò il salisburghese ad Anton Stadler, per il quale compose (oltre alle pagine solistiche ne La Clemenza di Tito) il bellissimo concerto e il quintetto. Non pagine d’occasione, ma veri e propri capolavori della sua maturità artistica. Fino a epoche recenti, i compositori scrivevano le loro musiche destinandole a precisi esecutori, componendo su misura per le capacità e anche i limiti di ogni singolo destinatario. Mentre oggi la bravura di un interprete si giudica dalla sua capacità di dominare tecnicamente tutto il repertorio del suo strumento, un tempo la bravura di un compositore era anche misurata dalla sua capacità di “cucire su misura” la sua scrittura sulle possibilità esecutive dello strumentista.