Arturo Toscanini (1867-1957), qui ritratto dal pittore Arturo Rietti, arrivò alla Scala nel 1887, come violoncellista per la prima dell’Otello di Verdi. Quattro anni dopo vi ritornava come direttore di quattro entusiasmanti concerti. E nel 1898 veniva chiamato a inaugurare la stagione con I maestri cantori di Norimberga di Wagner. Di questo famoso esordio
scaligero di Toscanini l’archivio del Museo custodisce i bozzetti di Carlo Ferrario. Fu il direttore d’orchestra che, nei primi trent’anni del Novecento, diede agli spettacoli della Scala e alla riorganizzazione della vita teatrale un’impronta di assoluta serietà. Antimonarchico, antifascista e antinazista, si trasferì dal 1937 negli Stati Uniti soprattutto come direttore sinfonico. Il leggendario maestro, celebre per la sua burbera intransigenza,
durezza e scarsa disponibilità al compromesso, fu promotore in Italia non solo dell’opera nazionale, ma di Wagner e del sinfonismo tedesco. Con lui si aprì una nuova era, quella dei grandi direttori moderni, esigenti sia nei confronti degli esecutori sia del pubblico, fedeli alla pagina scritta e protagonisti in modo preponderante dell’intero spettacolo.
Nel 1946, dopo il volontario esilio americano, tornò, a furor di popolo alla Scala nel dopoguerra, con il celebre concerto della ricostruzione dopo i bombardamenti che distrussero la volta del Teatro.