Giuditta Pasta (Saronno, 26 ottobre 1797 – Como, 1 aprile 1865), fu protagonista di quella difficile serata del 1831 in cui andò in scena in prima esecuzione
assoluta l’opera Norma del siciliano Vincenzo Bellini. L’esecuzione fu un clamoroso fiasco, dovuto all’indisposizione dell’interprete ma anche a causa di un partito avverso al
compositore che condizionò i favori del pubblico. In seguito l’opera è andata affermandosi e oggi è ritenuta tra le più significative della prima metà del XIX secolo.
La cantante era di fatto una mezzosoprano. Aveva però, tramandano le cronache, la tendenza ad essere “calante” nelle note acute. Ecco perché Bellini fu costretto ad abbassare di un
tono intero l’aria celeberrima “casta diva” nella Norma per renderla più consona ai suoi mezzi vocali. Di quella burrascosa esecuzione di Norma sono giunti sino a noi un diadema
e due bracciali indossati dalla cantante, esposti nella vetrina in seconda sala. La Pasta cantò anche nella prima assoluta de La sonnambula, altro capolavoro di Bellini, al Teatro Carcano.
Donna di carattere, Giuditta Pasta fu anche patriota. La sua importanza è tale che nella sala le sono dedicati ben due ritratti: uno opera di François Gérard e l’altro con gli occhi rivolti all’insù, nella lunetta di fianco alla Malibran, di Gioacchino Serangeli.
Nel quadro di Serangeli la cantante tiene in mano lo spartito del Tancredi di Rossini aperto alla pagina della celebre aria “di tanti palpiti”, mentre in quello di Gérard è raffigurata nelle vesti di Norma.
Il Museo custodisce il manoscritto autografo i Tancredi, oltre ad uno spadino da parata donato alla cantante a Napoleone Bonaparte, che si può ammirare nella vetrina in quarta sala.
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