L’enigmatico e austero sguardo catturato da Francesco Hayez, è quello di Matilde Branca, maritata Juva: la donna era una cantante lirica e condivideva il suo talento musicale con le sorelle Luigia (mezzosoprano), Emilia (arpista) e Cirilla (pianista). Matilde fu anche una personalità di spicco nel celebre salotto del padre, Paolo Branca, che il famoso compositore d’opera Gaetano Donizetti definiva «il tempio della musica».
L’opera fu commissionata dal marito Giovanni come péndant al suo ritratto eseguito in quello stesso 1851 dal pittore Mauro Conconi. La tela è considerata uno straordinario capolavoro della ritrattistica ottocentesca per l’accurata introspezione psicologica della donna e la perfetta risoluzione formale, tesa a recuperare la tradizione del ritratto cinquecentesco veneto.
L’impostazione della figura, colta di tre quarti, con il braccio poggiato sulla sedia sopra cui è steso il manto di ermellino, genera un susseguirsi di piani che dilatano lo spazio del dipinto. Al centro della tela, la severa figura della donna è avvolta in preziose vesti di seta nera da cui fuoriescono, a contrasto, i pizzi che ne incorniciano il volto e le mani. Ed è proprio la mano che regge il guanto a palesare l’omaggio di Hayez a Tiziano, ricollegandosi con esplicita evidenza a L’uomo col guanto (Parigi, Musée du Louvre) e L’uomo dagli occhi glauchi (Firenze, Galleria Palatina).
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