Un po’ nascosto, in questa sala, si trova un quadro che rappresenta probabilmente l’unica testimonianza iconografica di Luigi Belloli, il più grande cornista italiano della prima metà dell’800.
Fu allievo del leggendario Giovanni Punto (Jan Václav Stich), per il quale persino Beethoven scrisse una sonata ancora oggi spesso eseguita.
Delle esecuzioni di tale sonata è passata alla storia una recensione di un giornale di Pest, in Ungheria. “Chi è questo Beethoven? Il suo nome non ci è noto. Di sicuro Punto è molto più conosciuto”.
Dal 1803 Belloli fu primo corno nell’orchestra del Teatro alla Scala e successivamente professore di corno e
tromba al Conservatorio. Non deve stupire la padronanza dei due strumenti: anche il padre di Rossini li suonava entrambi. Il corno che tiene in mano è uno strumento “naturale”, cioè senza cilindri. L’intera gamma cromatica, impossibile alla tromba prima dell’invenzione dei pistoni, era resa attuabile
invece al corno (pur con timbri differenti) dall’introduzione della mano nel padiglione.
Questo quadro va idealmente collocato accanto a quelli di Cavallini e Rolla, in sala 4, e ci fa riflettere sulle
lontane radici dell’eccellenza strumentale dell’orchestra del nostro Teatro.