Il santo in oggetto è probabilmente Sant’Antonio Abate, colui che scelse l’esistenza solitaria e creò di fatto il modello fondamentale della vita monastica. Nato in Egitto nel III secolo dopo Cristo, è protettore degli animali e fu celebre protagonista delle tentazioni che il diavolo inventò per sottrarlo alla meditazione religiosa. Qui, nella parte sopravvissuta di un dipinto più grande, possiamo cogliere gli elementi di un paesaggio spoglio e roccioso alle sue spalle. Lui, con la testa circondata da un’aureola raggiante, volge gli occhi verso un punto che non vediamo, mentre le dita affusolate sono distese nell’atto della preghiera. Bella è la barba bianca, cesellata con un tratto curvilineo che mostra i riccioli quasi ribelli. Certamente si tratta di una splendida opera dell’arte italiana, che risente di echi ancora giotteschi e che va probabilmente situata nella seconda parte del XIV secolo, per la mano di un ignoto autore del centro-nord. Taluni particolari ricordano vagamente alcuni esiti di Tommaso da Modena. Interessante è l’unione tra la ricerca del realismo e la precisione nei dettagli, che comunque non risultano mai ornamentali ma, al contrario, sono utilizzati per rendere al meglio il frammento di scena. Si vedano ad esempio le sottili pieghe sotto l’occhio, che accentuano la consunzione del corpo e la dedizione incrollabile dell’anima rivolta verso Dio.