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A Oreste Scalzone, Carcere di Rebibbia
Hai scritto che non è più tempo per Curcio e Br ma non è
neppure tempo per voi. Le donne non credono nell'operaio
sociale come motore di trasformazioni, sanno quanto de-
vono richiamarlo a se stesso perché si liberi, come ogni
altro uomo, delle abitudini alla fuga nel sociale. Se poi
sotto gli occhi gli diventa protagonista di lotte di liberazione
restano sbalordite e si chiedono grazie a chi è stato
impalmato. E scoprono che dietro c'erano i teorici e poi
tutto uno schieramento di uomini di cultura ansiosi di non
perdere la leadership della loro specie anche sul quel tipo
di mutamenti che avvengono insieme alla donna, anzi
avendo lei come parte storicamente propulsiva perché
storicamente repressa proprio in quei punti.
In Sputiamo su Hegel nel '70 avevo scritto questa buffa
frase "la classe operaia è rivoluzionaria nei confronti del
capitalismo, ma riformista nei confronti del sistema pa-
triarcale". Come dire: lasciateci in pace con l'operaio, la
nostra oppressione non ammette priorità, l'uomo nuovo
patriarcale è una balla. Dopo di allora non abbiamo più
toccato argomenti del genere, per noi il campo era sgom-
bro, ma per una parte di donne, irretite nelle varie sette
marxiste, l'ostacolo si presentava insormontabile. Quanto
tempo perso a cercare il punto di contatto, la conciliazione
teorica e operativa! La truffa della doppia militanza!
Curcio e Br, in quanto vetero marxisti, parlano di produt-
tività, di operaio identificato nel suo prodotto come è
sempre avvenuto nella tradizione dell'uomo. Fare e pos-
sedere sono state le sue principali occupazioni pratiche e
campi di riflessione. Voi Autonomi, avendo a cuore
l'operaio sociale, entrate invece nel campo delle relazioni
umane e lì non potete più continuare a ignorare, anzi ai
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