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Pubblicazioni, Oggetto 199

Lonzi Marta[1978] - 2003

La Galleria Nazionale

La Galleria Nazionale
Roma, Italy

Presente copertina del volume di Marta Lonzi, Rapporto reale e rapporto sublimato con l'oggetto, Prototipi; bozze parziali di Carla Lonzi, Anna Jaquinta, Del riconoscimento, Prototipi; bozze parziali di Maria Delfino, Anna Jaquinta, Carla Lonzi, Marta Lonzi, Dello scrivere, Prototipi; Negri-Scalzone: progetto del libro sul confronto tra le Brigate rosse e Rivolta femminile (con ritagli stampa e lettere di Renata [Gessner] a Marta Lonzi).

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  • Title: Pubblicazioni, Oggetto 199
  • Creator: Lonzi Marta
  • Date Created: [1978] - 2003
  • Transcript:
    TERRORISMO/DOPO LE MINACCE DI CURCIO prato della cascina Spiotta o che la nappista Anna Maria Mantini era stata assassinata con una pallottola in fronte quando poteva essere semplicemente ammanettata, in alcuni rapporti dei ca- rabinieri sono stato indicato come un "fiancheggiatore" da tenere bene d'oc- chio. Poi, quando nel '74, l'epoca del sequestro Sossi (vedi "L'Espresso" n. 20 del 1974), le Br mi concessero l'unica intervista "ufficiale" della loro storia (allora i capi liberi ed operanti erano proprio i Curcio, i Franceschini e i Ferrari) e quando, un anno più tar- di, intervistai Curcio detenuto nel car- cere di Casale Monferrato (vedi "L'E- spresso" n. 9 del 1975), i "sospetti" su di me aumentarono. Fastidiosi sospetti (controlli telefonici, battute, interroga- tori insistenti) da parte di persone che ignorano o fanno finta di ignorare che il mestiere di giornalista consiste nel raccontare il più possibile i fatti come sono e nel far parlare i protagonisti in prima persona. Adesso le minacce arrivano dall'al- tra parte. In realtà, superato lo stupo- re, il motivo di questi attacchi si ca- pisce bene ed è sempre lo stesso: l'aver raccontato i fatti. Ossia l'aver, raccon- tato, e tentato di interpretare, il dibat- tito, le discussioni, le spaccature che da più di un anno travagliano il fronte Se permettete, non cambierei mestiere di MARIO SCIALOJA In un suo recente documento, il capo storico delle Br ha comminato "una buona razione di piombo" al nostro redattore, di cui non condivide il tono degli articoli sul terrorismo. Scialoja, chiamato così rudemente in causa, risponde in queste pagine Roma. Quando il documento firmato da diciassette brigatisti incarcerati all Asinara è arrivato alla redazione dell' "Espresso", il numero di Ferragosto era già in macchina ed io ero in ferie. Ho appreso dunque dai giornali che con Enrico Deaglio (direttore di "Lot- ta continua") e Carlo Rivolta (della "Repubblica") sono uno giorna listi, indicati come « consulenti della controguerriglia », cui viene minaccia- ta «una buona razione di piombo >> L'improvvisa dichiarazione di malevo- lenza (c'è chi l'ha definita "condanna a morte") da parte di gente come Re- nato Curcio, Alberto Franceschini, Ro- berto Ognibene, Maurizio Ferrari e compagni non è certo notizia che met- te allegria, né cosa da prendere tanto sotto gamba. Timore? E perché no? Non sarei sincero se non ammettessi di provare anche qualcosa di simile: troppo spesso in questi anni ho scritto e dimostrato che le minacce, gli slo- gan, i progetti delle Brigate rosse van no, il più delle volte, presi alla lettera. Certo chi "constata" che merito piom- bo si trova rinchiuso nel supercarcere dell'Asinara, ma le parole dei capi sto rici Br sono scritte proprio per essere raccolte dai militanti esterni. Che fare? Armarsi, blindarsi, farsi scortare? Tutte cose che rovinano l'esi- stenza e quasi sempre sono assoluta- mente inutili. Cambiare mestiere? Se, per tutti altri motivi, a volte potevo essere tentato di farlo, adesso che ci si mette Curcio questa scelta non è più praticabile. Un minimo di dignità ogni tanto ci vuole. Allora? L'unica solu- zione mi sembra sia quella di conti- nuare esattamente come prima: speran- do bene e guardando a destra é a si- nistra prima di attraversare la strada. A rischio di apparire ingenuo vorrei però confessare che di fronte alla mia condanna" da parte dei capi Br ho provato soprattutto stupore. Perché ce l'hanno tanto proprio con me? E' vero, da circa sette anni su questo giornale scrivo di Brigate rosse e lotta armata, l' ma mi sono sempre sforzato di farlo onestà e nel modo meno superficiale e convenzionale pos- sibile: non per simpatia verso l'estre- mismo armato, ma, forse, oltre che per dovere professionale, anche per un costituzionale sentimento di antipatia verso le "verità ufficiali" e le arroganze legali. anto che da più parti mi sono piovute addosso accuse di "filo-briga- tismo". Dopo aver raccontato, per esempio, che Margherita Cagol era sta- ta finita quando giaceva già ferita sul Renato Curcio
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  • Notes: Presente uno scritto con segnatura Vodoz A10/6.
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