via l'uomo non cambia. Cito dal memoriale: "In questi
anni '70, quello che io e i miei compagni chiamiamo
"l'operaio sociale" ha investito la vita quotidiana, tra-
sformandola con incredibile intensità dentro un dramma
collettivo che non s'è certo concluso. Il lavoro, la violenza,
la famiglia, la sessualità, la scuola...". Sono sbalordita che
Negri identifichi come protagonista di tutta questa tra-
sformazione sociale ancora e sempre l'operaio. Cioè
l'uomo. Ma come è possibile, mi chiedo, come? E il
femminismo, il movimento delle donne che hanno imposto
capillarmente nella vita dei singoli proprio una presa di
coscienza su questi punti, tentando di inchiodare l'uomo
dove lui è propenso a scappare, cioè di fronte a se stesso,
Negri dove li mette? Sache esistono? Niente lo fa supporre
se non fosse che, dovendo dare buone referenze di una
signora di Monaco, presunta terrorista, Negri la presenta
così: "nota femminista, funzionario della Repubblica Fe-
derale, proprietaria della casa editrice" che gli pubblica i
libri in tedesco. Dunque lo sa che il femminismo esiste, ma
da come accumula i titoli onorifici della signora di Monaco
si capisce che non è proprio affar suo.
Negri è un residuo del passato, qualcuno che abbiamo già
conosciuto in altri tempi, incapace di percepire le sue
contraddizioni di individuo, feribile sul piano personale
quanto implacabile su quello ideologico, assolto di fronte
a se stesso dalla forza delle sue convinzioni che non un altro
teorico può smantellare, ma una circostanza concreta come
quella che gli sta capitando. Lo scandalo di venire etichettato
senza il suo consenso, dall'esterno e da gente non disposta
a dargli credito, a indagare secondo i suoi moventi interni,
ma solo per quello che appare e per le conseguenze, vere o
sintoniche, non può non portarlo a una considerazione di se
fuori dall'immunità ideologica che si era creato e il consenso
facile degli affini. Da questa diversa considerazione di se
scaturisce una considerazione degli altri che può mettere in