Sebbene si muova nella cornice del ritorno alla pittura, Giliberti predilige alla via figurativa le superfici monocrome, cui si dedica dal 1987 elaborando una personale
interpretazione della tecnica dell’encausto. La svolta in una direzione decisamente personale avviene però qualche anno più tardi, intorno al 1992, quando inizia a lavorare ai “quadratini colorati”, che segnano la fine della serie delle superfici monocrome estroflesse: dalla dimensione macro Giliberti punta al micro, dal quadro ai quadratini. Culmine di questo momento è l’opera denominata Seicentottantamilaquattrocento
quadratini colorati (1994-1996), opera combinatoria in cui, su carta quadrettata, Giliberti, utilizzando la stessa materia degli encausti, sviluppa tutte le combinazioni possibili di
dieci colori in tre trittici. Da quella prima opera, di dimensioni monumentali, discendono una serie di altri lavori, in cui, invariati gli elementi origine (dieci colori, tre trittici, la tecnica dell’encausto) sceglie di elaborare, su tela, solo le combinazioni di base (2800 combinazioni, 25.200 quadratini colorati). Testo di Michela de Riso