Rambaudi
A
NCHE se non lo dicesse la
breve nota biografica che
Piero Rambaudi è nato a
Torino
nel 1906 e cominciò già nel 1932
a esporre opere astratte, si av-
verte subito questa anzianità. E'
un timbro particolare di ricerca
intellettuale che risuona distinta-
mente e oggi è quasi remota,
d'altra generazione insomma: e
intanto la ritrosia da ogni colo-
rismo sgargiante, puntando le
preferenze sulle minime varietà,
sui modulati accordi, sulle into-
nazioni sommesse e tuttavia non
flebili ma vibratissime; e poi un
ordine geometrico, sul quale si
accende un'armonia di pensieri,
uno specchiarsi cristallino di in-
telligenza speculativa e lirica,
in dispregio di ogni eccitazione
romantica ed espressionistica.
Una tale opera dichiara subi-
to la sua epoca: in Italia, gli an-
ni intorno al 1932, tra Licini e
l'architettura razionale degli ar-
chitetti comaschi; e in Europa,
gli anni di Klee e di Mondrian.
E proprio questa propensione li-
rica, che si manifesta nell'insi-
stenza con cui plica un motivo
geometrico o accende una lunga
vibrazione cromatica, rivela che
il preferito fu Klee.
E' una contemplazione interio-
re, dice Russoli che presenta la
mostra al Milione; che si chiude,
forse, nella sua purezza come in
una torre d'avorio per salva-
guardarsi dalla vita circostante,
che fluisce mutevole e fervida di
sempre nuove domande.