TEMPO - A.XXXI -N42-MILANO, is ott. 1969
ARTE
MUSICA
Giorni e notti
in conversazione
di LEONARDO SINISGALLI
.
no in mente questi celebri titoli di
libri antichi e nuovi. Ma soprat-
tutto la gran vena, la verve di li-
bri nati per ispirazione e per ca-
so, Lautréamont, Lucrezio, e "Na-
dja" di Breton (il primo roman-
zo fotografico del secolo) e la lo-
La Lonzi ha scoperto
vo strumento, il registratore, c un
nuovo modo di esprimersi che sta
tra il parlare e lo scrivere, c'e
una mobilità sulla pagina che non
trova paragoni nell'oratoria pura
e nella pura scrittura. La pagina
scorre, ma senza traboccare.
te
nuo
I brani sono montati liberamen-
(il caso è un complice straordi-
nario) e fanno parte di registra
zioni non vincolate dall'unità di
tempo e di luogo. Non si può di-
re quale di tutte le componenti è
la più efficace: davvero ogni vo-
ce é necessaria e insostituibile. Mi
incantano i duetti tra le due don-
ne, le uniche della compagnia, la
Lonzi e l'Accardi. E le risposte
che arrivano dopo due anni a cer-
te domande. Si pensa che l'autri-
ce abbia suggerito alcuni temi-ba-
se, l'infanzia, gli amici, la rivol-
TUTTO NUOVO. Carla Lonzi ha scrit-
to un libro di critica d'arte con sti-
le e modi completamente nuovi.
Roma, ottobre
Sera fatta viva questa ragazza,
maestro esigentissimo, con alcune
paginette critiche dedicate a Tur-
cato, a Twombly, a Castellani, e
buttate al vento sui cataloghi. Non
si trattava di soffietti o di diva-
gazioni: il critico si metteva allo
stesso livello dell'artista, nè più
in basso ne piu in alto. Si capiva
e subito imbarsa plangerlo in testa
metterlo
in bottiglia; non c'era la presun-
zione di raccogliere prove per
una tesi, ma indizi sì, di certe fi
sime, fissazioni, manie, fobie, fol-
lie. A me piacque subito quella
maniera di scrivere d'arte senza
sistemi, esplorativa. Non c'erano
tante parole astratte, categoriche.
Non si trattava del solito criticoz-
zo o del solito poetucolo trasfor-
mato in mangiafuoco.
teria, il colore, la tecnologia, la
natura, ecc., e abbia consigliato a
ciascuno di rispondere di getto, in
transe. Perché è riuscita ad avere
referti schietti, eliminando i testi-
moni o nascondendoli. Altre vol.
te ha creato gruppi intorno allo
stesso tema, e spesso dialoghi di-
retti a due a due. Il risultato è un
immenso farnetico. Ma non bub-
bole. Tutti i convitati danno la
impressione di essere molto più
intelligenti di come li abbiamo co-
nosciuti. Dev'essere merito della
Lonzi e del suo metodo: lasciarli
cantare, lasciarli cuocere, lasciar-
purgare. Sono rimasto colpito
da un'infinità di notazioni, di sot-
li
tigliezze, di verità che spuntano
a ogni pagina
Questo bel libro che abbiamo
nelle mani non è una sorpresa, ma
va certo molto più lontano di
quanto noi stessi, fiduciosi, potes
simo pensare. Intanto non dovreb
be sfuggire ai letterati, ai croni-
sti e agli storici delle nostre let- Prendo qualche campione per
tere. E' un libro nuovo, diverso,
non un libro in più, è un libro
darvene un'idea e per cercare di
inserirvi nel coro. Turcato: Raf-
altro come dicono i francesi. E' an- faello in fondo era un artista stu-
che un bell'oggetto cosi com'è con-
fezionato; è giusto
pido, però aveva la forza di tra-
caratterino sformare le cose. Consagra: l'ar-
un po' grasso, il canale bianco
dell'interlincatura è qualche deci-
tista significa questo, l'uomo a cui
è piaciuto di fare quella data co-
mo di millimetro più largo del so- sa. Kounellis: mi piace il gesto
lito. Quasi un "livre de poche" di che fa quello li, andare la mat-
400 pagine da portarsi appresso, tina a dar da mangiare agli uccel
arricchito di 105 piccole fotogra- li. Scarpitta: sono un esperto di
fie deliziose (rubo l'aggettivo alle cose infantili. Rotella: fin dai pri-
redattrici di "Bellezza")
mi momenti della mia carriera fui
portato all'occultismo, all'ipnoti-
smo, al magnetismo. Pascali: non
è che mi affeziono alle mie cose.
Castellani: il designer non esiste,
i designers sono gli industriali. Al-
viani: bisogna essere nell'esatta
funzione. Accardi: penso per un
periodo a una cosa, poi mi fac-
cio riposare. Fontana: l'arte è an-
data su un concetto che io avevo
sempre immaginato. Lonzi: quan-
do mi sono trovata a fare la cri-
tica d'arte ho visto che era un me-
stiere fasullo
L'"Autoritratto" di Carla Lon-
zi (De Donato editore) è come un
pianoforte lunghissimo suonato a
trenta mani, o, se più vi piace,
è una conversazione ininterrotta,
di sette giorni e sette notti anima-
ta dagli interventi di un'ospite, la
autrice, e quattordici convitati, di
cui uno di pietra, Twombly, che
è muto e non risponde mai (co-
me i misteriosi automi in casa di
Libero Bovio, a Napoli: Silesio,
Simosio, Sebesia). Decameron,
Heptameron, Hebdomeros, vengo-
Ma che cos'è
un violoncello?
di BENIAMINO DAL FABBRO
i volle, anni or sono, una do
un popolare gioco televisivo, per
rivelare agli italiani, amatori as-
sai distratti della musica, ch'esi-
steva uno strumento chiamato con-
trofagotto, la cui voce sotterranea
si fa sentire ogni tanto dal folto
di quella famiglia di fiati minori
che la gente indica, con cumula
tivo dileggio, come "pifferi". Il
recente delitto "del direttissimo",
"della minigonna" o "del violon-
cello" - com'è stato denominato
a seconda delle diverse vocazioni
poliziesche e moralistiche ha
dimostrato che uno strumento sco-
nosciuto, o quasi, è anche il vio-
loncello, o che almeno è stato as-
sai arduo il riconoscerlo e il de-
scriverlo, a voce e per iscritto, da
parte di testimoni, viaggiatori, fer-
rovieri, agenti e cronisti, che
hanno riferito sui giornali
Sin dalle prime notizie, si è let-
to che l'assassino portava con sè,
come un oggetto più strabiliante
che insolito, una "voluminosa cu-
stodia" di violoncello, un "ingom-
brante bagaglio", una "strana bor-
UN GRAVE TORTO. Il violoncello,
strumento prediletto da molti grandi
compositori, è quasi sconosciuto
sa di similpelle grigia" che pote-
va contenere "un
violino o un
violoncello". Ci si domanda, a
questo punto, come sia possibile
confondere il violino, che misura
press'a poco centimetri 36 per 21,
col violoncello, di centimetri 75
per 44. La giustificazione è pron-
ta: il violoncello non è molto
comune, tra l'altro non viene as
solutamente usato nei complessi
di musica leggera, il che sem-
bra confinare il violoncello tra gli
strumenti storici, da musco, come
il liuto, la lira o il mostruoso "ser
pente militare", costruito da Ta-
bard, di Lione, dalle cui fauci usci-
vano inimmaginabili fischi. «Do-
po tutto, gli strumenti s'assomi-
gliano », aggiunge il cronista, a
costo d'affrattellare un flauto e un
pianoforte. Soltanto il controllo-
re della Milano-Alessandria ha sa-
puto descrivere con precisione lo
sventurato Claudio Fantino che
alla presenza di due soldati e di
un aviere, in uno scompartimento
di seconda classe, suonava un vio-
loncello; sono sicuro che si tratta-
va proprio di questo strumento:
lo teneva puntato al suolo e ap.
poggiato a un ginocchio». Subito
dopo il cronista osserva che lo
spettacolo era "grottesco", facen-
do intendere che per lui, e per i
lettori, sarebbe stato, supponiamo,
"simpatico", se si fosse trattato
d'una fisarmonica. Insomma, il
violoncello è cosa eteroclita, ridi-
cola, d'altri tempi, non meno di
chi lo suona: « un giovane in gra-
do di suonarlo dovrebbe essere
rintracciato con una certa facili-
tà , come a dire, interpretan
do a rovescio la frase stessa, che
una tale capacità è più unica che
rara
Un altro giornale perfeziona-
va il concetto, alludendo al « pic
colo mondo antico d'un ragazzo
di Asti che studia la viola in una
epoca di musica beat ». Il vio-
loncello è addirittura diventato
una viola, confusione ben degna
d'un Paese come il nostro, in cui
dalla maggior parte dei cittadini
tutti gli archi, eccetto il violino,
- Ossia viola, violoncello e con-
trabbasso sono designati, con
un disprezzo per la loro mole
esteso a chi li suona, "violoni".
Il ritratto di Claudio, fondato
sulla pratica anacronistica del vio-
loncello, si completa con l'indi-
cazione del libro che recava con
sè: le Confessioni del Nievo, li-
bro fuorimoda, ma uno dei pochi
capolavori del romanzo italiano.
Purtroppo in tasca al ragazzo
c'era anche un oggetto della rea-
listica civiltà d'oggi: un coltello
da boy-scout. Ma la scena più
straordinaria ed emblematica si è
svolta, di notte, in un negozio di
strumenti di Asti, fatto aprire ap-
posta fuori orario per consentire
a inquirenti e a testimoni rico-
noscere e di chiarire a se stessi,
e gli uni agli altri, il vero aspet-
to d'un violoncello, strumento che
è antica gloria italiana di Bonon-
cini e di Boccherini, e prediletto
da Verdi, da Rossini, da Puccini,
e anche da Toscanini, che lo suo-
nava da giovane, prima di salire
il podio. Il povero Claudio s'ac-
contentava di molto meno, era al
secondo anno del corso, e i suoi
insegnanti lo consideravano poco
dotato per la musica.
Agli esami, tuttavia, aveva ese-
guito la "Berceuse" da Jocelyn di
Godard, una dolciastra pagina ot-
tocentesca che furoreggiò nci sa-
lotti, e che molto probabilmente
ripetuta in treno dal mae soldate
farsi ammirare dai
dall'aviere, fece da incongruo pre-
ludio al suo imminente assassinio
della giovane e bella viaggiatrice
di prima classe.