questa scelta. Ma senza mai retro de successo di aver goduto
MARIA LUISA BOCCIA
Passo a due
Maria Luisa Boccia legge l'opera di Carla Lonzi: un fitto lavoro
di relazione al vissuto e al pensiero di una grande del
femminismo italiano
a figura di Carla Lonzi si
staglia unica nel movimento
delle donne italiane: unica la
sua presa di coscienza, unico il suo
destino politico
L
Con il Manifesto di Rivolta femminile
nel 1970, e successivamente con il
pamphlet Spariamo su Hegel, con La
donna ditoridea e la donna vaginale,
con Egid politia, per citare solo
alcuni dei suoi scritti — tutti pub-
blicati dalla casa editrice di Rivolta
femminile -- Carla Lonzi ha fatto
scoccare la scintilla del femmini-
smo a cui ha dedicato fino all'ulti-
mo la sua vita. È morta nel 1982
Quando era viva e faceva politica
con le compagne di Rivolta c, in
solitudine autocoscienziale, affidava
alla scrittura il percorso della sua
mente, aveva notorietà tra le fem-
ministe ma nessun riconoscimento,
Dopo la sua morte, (grazie anche
alla pubblicazione di scritti postumi
e alla ricostruzione della sua bio-
grafia curata dalla sorella Marta e
Carla Lonzi.
LEGENDARIA N. 20 - MAGGIO 1990
da Anna Jaquinta in Sacco ragions-
to) ha cominciato a essere letta,
studiata, citata dalle
femministe,
Maria Luisa Boccia, con L'io in
rivolta, libro dedicato - come dice
il sottotitolo al vissuto e al
pensiero di Carla Lonzio, è la pri-
ma che dà visibilità di analisi e
responsabilità di interpretazione a
questo incontro postumo ma gravi-
do di implicazioni per il presente. Il
suo libro - che non è una ricerca
filologica, non è un saggio, non
una biografia, ma un'opera di rela-
zione – è straordinario quanto
straordinario e il lascito di Carla
Lonzi. È un libro difficile da rac-
contare, come è diffacile raccontare
l'opera di Carla Lonzi. Mi affideró
dunque, a mia volta, a un esercizio
di relazione. Con entrambe. Pro-
prio perché si pone fuori dai canoni
della tradizione saggistica e storio-
grafica, Boccia ha la capacità di
ricostruire cronaca politica e teorica
del femminismo degli anni settanta
e c di collocare la vita e l'opera di Lonzi: uscire dal mondo che la ri-
Carla Lonzi in questo contesto. conosce ma solo a prezzo della per-
Cosi il libro ha una scansione logi- dita di sé, per entrare nel mondo
ca e cronologica molto netta. Inizia delle donne e kannaspare nell'indi-
con la nascita di Carla Lonzi nel stinto. Di qui il recupero di Carla
femminismo, affronta la sua attivi- Lonzi negli anni ottanta come colei
tà di critico d'arte che quella nascita che aveva capito tutto ma non ave-
aveva preceduto; poi confronta Ri- va potuto vivere la sistematizzazio-
volta femminile con gli altri gruppi ne di una pratica politica capace di
attivi alle origini del movimento e, rendere produttiva la sofferenza. Di
negli ultimi capitoli, si concentra in qui il dichiarare l'autocoscienza, ei
un faccia-a-faccia teorico con il suoi drammi umani intrinseci, esu-
pensiero della Lonzi e gli altri filoni peratao: importante ma superata,
del pensiero femminista.
Maria Luisa Boccia confuta questa
Senza smentire «quello che Carla derivazione, con ineccepibile rigore
Lonzi ha veramente dettos, Boccia di confronto e tenendo duro sulla
sa usare i testi per dare risposta alle propria tesi: l'attualità del pensiero
domande politiche del presente. In di Carla Lonzi consiste nella con-
lei urge infatti una domanda: che ferma che è l'autocoscienza lo stru-
posto ha l'autocoscienza nella prati- mento principe della relazione tra
ca politica delle femministe di og- donne, che fa del femminismo una
gi? L'autocoscienza, la risonanza e *filosofia della prassi. Un tema
il riconoscimento tra donne nel caro a Boccia, che da anni .con-
l'autocoscienza, è infatti il leit-mo- fronta marxismo e feminismo,
tiv dell'opera di Carla Lonzi. Oggi da anni procede in una sua ricerca
questa pratica è abbandonata o con- originale nel panorama del pensie-
siderata superata; l'apporto dell'oro della differenza sessualeBoccia
pera di Lonzi a questa tematica è ha voluto tentare sui testi di Carla
sottovalutato rispetto al recupero Lonzi una verifica, e lo ha fatto
che si fa dell'altro caposaldo del suo senza essere mai invadente e intru-
pensiero: la critica all'emancipazio- siva e con la coscienza delle proprie
ne. Così io leggo - e, mi pare, responsabilità
Boccia legga – il contin.con che
parte dall'esperienza di Carla Lonzi
e fa approdare alla pratica politica
della differenza sessuale, propagan-
data dalla Libreria delle donne di
Milano. In Carla Lonzi il rifiuto
dell'emancipazione è stato radicale
e senza appello. Negli anni sessanta
era una conosciuta e stimata critica
d'arte, originale e trasgressiva ri-
spetto all'istituzione culturale ma
riconducibile e inglobabile in quel
l'ambito se avesse voluto assumersi
un ruolo professionale stabile e de-
finito. Invece lei, allo snodo degli
anni settanta, volle abbandonare
tutto per percorrere un'avventura
più autentica: ottenere riconosci-
mento tra donne, nel femminismo
A questa vocazione è rimasta attac-
cata, fino all'ultimo, svelando im-
pietosamente luci e ombre, scacchi
deprimenti e assolute felicità di
Ho avvertito, nel suo libro, due
registri di scrittura, impercettibil-
mente eppure nettamente differen-
ziati. C'è il registro del racconto
della vita e dell'opera di Carla Lon-
zi che corre limpido e trasmette
affettività e passionalità; e ce il
registro del confronto teorico, del-
l'estrapolazione teorica, che segue
un cammino più freddo e astratto.
Ugualmente passionale ma astrat-
to. Conosco Maria Luisa e so che
entrambi i registri le appartengono
e per questo trovo il suo libro
un'operazione coraggiosamente ar-
rischiata.
Ma ho conosciuto anch'io Carla
Lonzi dai suoi testi. E un cruccio
che mi resta è la certezza che nessu-
na di noi potrà restituirle il misco-
noscimento che ha segnato la sua
vita. A me, come a tante altre
delle sue scoperte senza restituirle
alcun tributo. Me ne sono spesso
chiesta la ragione e ne ho trovata
una. Sono arrivata al femminismo
da non-emancipata: non ho fatto
tabula rasa di esperienze emancipa-
torie precedenti semplicemente
perché non c'erano e ho percorso il
femminismo come veicolo della
mia emancipazione. Di fatti, negli
anni ottanta, mi sono ritrovata par-
te di quel ceto politico femminile
che gestisce una fetta di potere ti-
spetto a un pubblico di donnes.
Non mi sento più partecipe, se non
come veicolo di informazione e per
obbligo professionale, della costru-
zione di una politica delle donnes.
Anche per me l'autocoscienza è
un'esperienza archiviata, nei fasti
degli anni settanta e nei mutamenti
degli anni ottanta. Allo snodo tra i
due decenni, quando ho sentito ir-
reversibile la chiusura di un'epoca e
di un'esperienza, ho letto il diario
di Carla Lonzi, Taci, anzi parla. Mi
sono fermata a quell'attimo: il mio
lutto e l'incontro con il suo de-
Roberta Talafiore
cedere dal rigore: si è tenuta lonta-
a dai commerci sociali, dai com
merci politici, dallo stesso femmi-
nismo militante che la vedeva
Cocva.
Negli anni ottanta, dopo la sua
morte, lo scenario sociale e politico
cambia, il femminismo cambia e
deve tener conto di una nuova do-
manda di emancipazione delle don-
nie, molte delle quali sono state le
femministe del decennio preceden-
te. A questa situazione ha dato una
risposta, per prima, la Libreria del-
le donne di Milano con il docu-
mento Pi donne che uomini, in cui
si afferma che è possibile entrare
nei commerci sociali a condizione
di connettere questa esperienza con
una pratica politica di relazione tra
donne. Nasce da qui il discorso
sull'affidamento, sul vincolo sim
bolico che deve legare due donne
per produrre il ribaltamento del
l'ordine simbolico dominante che
presiede i valori dell'emancipazio-
ne. Insomma, la femminista degli
anni ottanta e novanta) non deve stino.
più patire quello che ha patito la
Maria Luisa Boccia, L'io in rivolta, vissuto e pensiero di Carla Lonzi, La
Tartaruga, 20.000 lire