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Rassegna stampa, Oggetto 105

Lonzi Marta18 ottobre 1969 - 23 ottobre 2001

La Galleria Nazionale

La Galleria Nazionale
Roma, Italy

  • Title: Rassegna stampa, Oggetto 105
  • Creator: Lonzi Marta
  • Date Created: 18 ottobre 1969 - 23 ottobre 2001
  • Transcript:
    lan Stefanie –, il cui aetco era stato abbattuto un mese prima della data in cui dovevano sposarsi - ed ora aveva deciso di dedicare tutte le sue energie alla causa antifascista. Gli amici la chiamavano affettuosamen- te "la Pizia", per i suoi poteri divi natori, qualche volta frutto soltanto della sua immaginazione ma anche qualche volta veri. na antifascista. Giuliana, molto gra ziosa in gioventù, aveva perso il suo fidanzato - l'eroe cecoslovacco Mi- Ed ora, dopo l'arrivo a Roma de Elena e i miei amici di Iris Origo ELENA CROCE, Due città. Adel phi, Milano 1985. Pp. 106. Lit. 7.500 Le due città sono, come dice l'au- trice, Napoli, dove è nata, e Roma. dove sono cresciuti i suoi figli. A suo parete, mentre il centro storico di Roma è stato defraudato del suo aspetto originale diventando uno shopping center, quello di Napoli (malgrado le vie degli alberghi lun- go mare) ha conservato a lungo, il suo carattere di quartiere piccolo- borghese dove la presenza di una grande università, e il tribunale di Castel Capuano, trattenevano anco- ta negli antichi palazzi una mino- ranza di alta borghesia e di intellet. tuali e professionisti". Cosi Napoli restava una città ricca di fascino e di mistero". L'autrice ha ricordi piuttosto esi. gui dell'alta società, ossia della clas- se napoletana ancora non dissangua ta dalle emigrazioni. Ricorda il cir- colo del tennis, che nel novecento era stato una roccaforte della gio- ventù dell'alta società napoletana", Iscriversi al tennis, scrive, era come vedersi ammessi e tollerati in una va stissima famiglia di cugini - delle jeunes filles en fleur" bellissime c dei giovani alti, bruni, ignoranti ed eleganti: "la loro conversazione in cattivo italiano con un forte accento, non era meno ermetico ai non ini- ziati di quella delle ragazze evocate da Proust". Da piccola era stata con- dotta ad assistere a qualcuna delle loro recite di beneficenza, che consi- stevano in quadri viventi (da "Giu- lietta e Romco" a "Carmen") oppu. re delle nove Muse, vestite in pepli rosa e celeste con lunghi e pesanti boccoli, che le sembravano bellissi- mc. Molto più tecri degli antichi pa- lazzi nobiliari, erano in genere quel li costruiti dalla grande borghesia ot- tocentesca A Napoli la cultura d'aise aveva un solo recapito ed un solo rappre. sentante assoluto: l'editore Riccardo Ricciardi. Nel suo ufficio si riuniva un piccolo gruppo di intellettuali bi bliofili, che egli intratteneva facen- do di propria mano i pacchi dei suoi libri. Le sue edizioni - desideratis- sime dagli autori ed amatori - veni- vano terminate da lui con un'im mensa pigrizia, che egli imponeva con crudelta implacabile. Dopo il 25 luglio (1943) Elena era partita per Napoli per vedere la sua famiglia a Sorrento, ma credeva di potersi trasferire in Piemonte, dove aveva lasciato i suoi due figli. Ma so- pravvenne lo sbarco alleato a Salerno a "dividere l'Italia in due". Ed Elena per proteggere suo padre, Benedetto Croce, dal rischio di rimanere in un territorio ancora controllato dai te- deschi, lo convinse a trasferirsi con la sua famiglia a Capri, dove era pro tetto dal comandante Munthe (figlio del celebre medico svedese Axel Munthe). E li le racconto di un ser- gente delle Special forces che gli ave- va domandato se il Benedetto Croce da mettersi in salvo, fosse una nave! Dopo il suo ritomo a Roma, Elena sperava di poter continuare la rivista letteraria, Aretusa", che aveva pro dotto con suo padre, con Vitaliano Brancati, con alcuni intellettuali in glesi ed americani di passaggio e molti profughi italiani arrivati a pie di attraverso le linee - tra i quali Moravia, Antonio Rossi, Malaparte, cd il direttore della rivista, Francesco Flora. Tornata a Roma, Elena aveva offerto "Aretusa" a Carlo Muscetta che l'accetto. Ma intanto viene pro. posta una nuova attività da Giuliana Benzoni "tessitrice laboriosa di ben intenzionate cospirazioni politico- diplomatiche nell'ambiente della minoranza dell'antica nobiltà italia- Tullio Pericoli: Benedetto Croce AA.VV., Il dialogo. Scambi e passaggi della parola, a cura di Giulio Ferroni, Sellerio, Palermo 1985, PP. 260, Lit. 20.000 N. 9 L’INDICE pag. 10 Affrontare il tema del dialogo, tentare di definire il campo seman- tico, dalle accezioni più specifica. mente linguistiche a quelle più estensive e metaforiche che oggi questo termine comporta, non è im- presa da poco. Secoli di cultura han. no contribuito a stratificare nell'uso collettivo una serie di significati per dialogo, dialogare, dialogismo, dia logicita: dall'etimo greco che impli ca necessariamente una nozione di interazione comunicativa, all'omo- nimo genere letterario e filosofico (da Platone in poi), al principio dialogico" di Bachtin. Un concetto gli alleati proponeva ad Elena di co- stituire un circolo di cultura per gli alleati, e per questo di ottenere l'adesione di Marguerite, Principes sa di Bassiano. Era, infatti, la perso- na ideale per questo compito di ori- gine americana (cra la cognata di Francis Bildle, ministro della giusti- zia di Roosevelt e giudice del Tribu- nale di Norimberga), era conosciuta a Parigi come mecenate e promotrice di una rivista internazionale di alta qualità, "Commerce", ed inoltre era la moglie di uno dei mari rappresen- tanti dell'aristocrazia romana che fosse antifascista Per due anni il circolo, chiamato "Il ritrovo, improvviso una serie di iniziative: conferenze, mostre d'ar Dialoghi sul dialogo di Mariella Di Maio lo te, concerti, dibattiti, cene, ma pur troppo (come ricordo anch'io scopo fondamentale del ritrovo - quello di aiutare gli ospiti alleati e gli intellettuali italiani a capirsi a vi. cenda - non funziono. Gli alleati, come gli italiani - malgrado tutti gli sforzi di Marguerite e di Giuliana continuavano a parlare solo fra di loro. E forse, nel caso degli alleati, contribuiva alla mancanza di cordia- lità c di allegria l'estremo scettici smo per quel che riguardava le be- vande (vi si poteva consumare solo il the, anche se con dolci squisiti) Cosi, dopo un paio d'anni, l'inizia- tiva non aveva più una ragione di esistere, c "Il Ritrovo chiuse le sue porte. quest'ultimo - come è noto - on- nicomprensivo: nel pensiero bachti- niano il dialogismo non è solo privi- legio dell'intersoggettività linguisti ca e delle forme letterarie decentrate polifoniche, ma fa perno su una vi- sione antropologica che istituziona lizza un principio di conoscenza" (soggetto a soggetto/i) e abbraccia l'intero ambito delle scienze umane. Dall'uso filosofico (e gli esempi sarebbero molteplici) all'uso correo- te e codificato del termine: la "Chic- sa del dialogo", il "dialogo fra le grandi potenze", un dialogo tra , sordi" e cost via, si giunge fino ad interrogarsi sulla possibilità di accet- tare neutralmente quella nozione di interscambio comunicativo alla pari che sembra prevalere nelle ipotesi più ottimistiche. Si può parlare di dialogo, per esempio, all'interno dei rapporti di potere (servo padrone, maestro discente, medico-pazien te)? O in un interrogatorio in que stura? E, passando ad altro, si può parlare di dialogo con un computer? Come si vede, le domande potreb. bero essere moltissime e rischiosa- mente sventagliati potrebbero essere i campi d'indagine anche perché la parola in questione è spesso usata in senso assoluto o troppo particolare, seaza fare attenzione ai procedimen ti di contestualizzazione sempre ine renti ai suoi diversi impieghi. Ma è poi legittimo dialogare sul dialogo? Una risposta positiva sem bra darcela questo volume colletti vo, curato c introdotto da Giulio Ferroni, volume nato da un conve- gno a Maratea nel settembre '82 e a cui ha partecipato un agguerrito e qualificato drappello di studiosi ita- Il ritrovo era chiuso, ma non l'opera di Marguerite. Il ritratto di Marguerite che ci ha lasciato Elena forse la parte migliore del libro Marguerite diventò la mecenate e la fondatrice di una nuova rivista inter- nazionale, Botteghe Oscure , per scrittori giovani e finora sconosciuti di ogni paese e di ogni lingua, di cui pubblicava gli scritti accanto a quelli dei più illustri anziani. La sua vivis- sima curiosità per tutto quello che cha nuovo era frenata solo dal fortis simo ribrezzo puritano contro ogni volgarita. Generosissima, non era cieca nei confronti delle richieste esagerate di alcuni giovani scrittori di talento, ma continuava a pagare i loro scritti alla pari degli scrittori più celebri: Paul Valéry. Rilke, T.S. Eliot, Virginia Woolf, Péguy, Ca- mus, Malraux, Hoffmansthal, Silo- ne, Giorgio Bassani, Ungaretti “Tutto intorno a lei era incantevole: la semplicità, i fiori, l'assenza di og. getti mediocri, una raffinatissima scelta di pittura moderna francese ed italiana, un'ospitalità senza limiti ed il riso di una ragazza di vent'an- ni". Persino dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale queste riu- nioni erano continuate, finché Nio- fa divenne un rifugio per i partigiani delle colline ed i contadini della pia. nura. E proprio allora un grande do lore colpisce Marguerite e Roffredo: la morte, sul fronte albanese, del lo- ro unico figlio Camillo. Un dolore che aveva una speciale amarezza perché era morto per un regime ed una causa in cui non credeva. Dopo la sua scomparsa T.S. Eliot (un cugi no di Marguerite ed un grande ami- co) le scrisse: "So che la tua perdita non diverrà più leggera... Si impara a continuare a vivere come se si fosse diventati ciechi e mutilati, e non credo nemmeno che la fede ci conso la - ma, se posso dirtelo, può mi- gliorare la qualità della nostra soffe. renza, e renderla feconda, invece che inutile Cosi la pubblicazione di "Botte ghe Oscure continuava, anche se, col passare del tempo, diventava più difficile per Marguerite fare fronte alle spese sempre più alte. C'era in lei, anche in vecchiaia, una gioventù inesauribile che attirava verso di lei i giovani scrittori. Ma nel 1960, dopo la morte del suo stampatore ed ami. co, Luigi de Luca, e la pubblicazione del 25. numero, dovette portare a termine la sua impresa. "La tua rivi- Sta" le scrisse il poeta americano Ro- bett Lowell, "fa parte della storia dell'Europa che risorge dopo la di struzione della guerra". Successivamente Elena ci porta in un ambiente molto diverso, quello del celebre "re dei critici d'arte". Bernard Berenson. Nella sua villa a liani e stranieri esperti di letterature antiche e moderne, filologi, filosofi linguisti, semiologi, antropologi. E sembra darcela proprio per la varie gata diversità dei punti di vista e il pluralismo delle metodologie. Il filo d'Arizona è costituito dalla lunga e sapiente introduzione del curatore, abile nell'introdursi nelle pieghe del discorso altrui (dialogando con i vari autori e le varie posizioni), ma fer mo e talvolta amabilmente provoca torio nel tracciare un suo percorso originale e nel demistificare cetti equivoci di fondo. Il nodo centrale su cui Ferroni ritora più volte è quello per cui, nella nostra cultura occidentale, il dialogo può assumere le connotazioni positive dell'inter- scambio della parola, del confronto perenne, dell'uscita da se stessi e in- sieme quelle della conferma e ricon- ferma di una soggettività piena at- traverso l'istituzionalizzazione, nell'atto di parola, di un'alterita ne >>
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