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Rassegna stampa, Oggetto 135

Lonzi Marta18 ottobre 1969 - 23 ottobre 2001

La Galleria Nazionale

La Galleria Nazionale
Roma, Italia

  • Titolo: Rassegna stampa, Oggetto 135
  • Creatore: Lonzi Marta
  • Data di creazione: 18 ottobre 1969 - 23 ottobre 2001
  • Trascrizione:
    un film indipendente come Percorsi senza meta Incontro con Rose Tremain, autrice di Sacred Country, storia di una bambina che volle diventare un uomo. Il sesso come confine fisico e simbolico ALLY POTTER porta sullo scher- mo quella storia impossibile che è Orlando. Diventa ina- spettatamente un successo La moglie del soldato, del regista irlan- dese Neil Jordan... Poi, ancora in Gran Bretagna, e' uscito in autunno il libro di Rose Tremain Sacred Country: su- scita piu stupore che scandalo. La pro- tagonista, Mary, decide a soli sei anni che lei non sarà mai una donna. Nel corso della storia diventerà Martin, ma perché? E chi è davvero? "I critici han no messo in evidenza soprattutto la stranezza del soggetto di Sacred Coun- try - racconta Rose Tremain - Ma quando mi è venuta in mente l'idea per il libro io ci ho lavorato come su una sorta di metafora di quello che tutte e tutti temiamo: c'è sempre un momento, prima o poi nella vita, in cui abbiamo l'impressione che ci sia qual cun altre dentro di noi". E dunque quando guardiamo a nol stesse rlusciamo anche a vedere le ambivalenze? C'è questo ma anche quello, quello che sei ma anche quel- lo che avresti potuto o voluto essere. In Sacred Country mi pare che ci sia la scelta di mettere in evidenza quelle parti che nelle vite "normalt" riman gono nell'ombra, I fili della tua vita che non hai seguito ma che sono ri- masti li e non puoi buttarli vita. Mary diventa Martin perché decide si sepul re una delle "possibili vite" che le so- no concesse? Si, è cosi. In questo caso, nella storia di Mary/Martin, si tratta di qualcosa di estremamente visibile perché fisico. Nelle vite normali", ammesso che esi- stano, non ci si guarda, non ci si tra- sforma, non ci si interroga, forse, con lo stesso tipo di angoscia. E poi ho vo- luto raccontare di come anche nelle vi- te più prevedibili, piu regolate o rego- lamentate, le cose possono cambiare all'improvviso. Capitano quelli che chiamiamo "incidenti": può morire qualcuno, puoi tagliarti una mano... le nostre vite, ma anche le identità che crediamo definite, sono a volte il risul- tato di una partita a dadi. Lei sembra affascinata dalle situazio- ni estreme, da vicende di frontiera co- me la transessualità. Ma non crede che ci sia qualcosa di estremo nella fa- se di ridefinizione radicale che stiamo attraversando alla fine di questo mil- lennio? Io credo che avvertiamo nell'aria un senso di minaccia alla nostra identità percepiamo la fragilità della vita cosi come la conosciamo. Vede, per scrivere Sacred Country ho inter Legendaria vistato molti transessua- Maggio li, piu uomini che sono Glugno diventati donne che donne che sono diventa- 1993 8 ti uomini. Le loro storie sono molto di verse l'una dall'altra ma hanno un punto in comune: nel processo che ti porta ad attraversare il confine tra i due sessi, a cambiare aspetto e iden- tità sessuale e sociale non c'è mai un punto di arrivo, un momento in cui si può dire: ecco sono arrivato/a ad esser id che sono. Ci sono modificazioni progressive, sentimenti di gioia, di rabbia, di amore, di lutto, ma non c'è "romanzo di formazione". Invece, la formula del romanzo classico prevede un punto di partenza, una crisi, un du- To lavoro su di sé e sulle cose e una "restaurazione di un ordine di una normalita. Ma lei è invece alla ricerca di un'altra forma narrativa. Si, sono alla ricerca di narrative dell'ambiguità, di qualcosa che sia nuovo, differente. Vede, in Gran Breta- gna non si è mai scritto tanto come in questi ultimi anni. Vengono pubblica- te molte buone storie, forse troppe. E' come se anche tra gli scrittori e le scrit- trici corresse quello spirito di fine mil- lenio di cui lei parlava prima, un'ansia incontenibile, come se la spinta fosse: ebbene, se qualcosa deve finire è me- glio fare qualcosa perche finisca al più presto. La sensazione diffusa è che non ci sia nulla di stabile e di durevole. Scrivere storle nuove, differenti, lel dice. Ma non crede che, come la sua in Sacred Country, debbano essere storie dotate di senso, quelle che, quando si leggono, non solo rappresentano una sorpresa ma anche il riconoscimento di qualcosa che avevi intuito ma non capito realmente e che quella storia ti dice. E tutto cosi sorprendente in questa fase di cambiamento che non possia- mo, chi scrive e chi leg- . ge, non farci delle do- mande: sui ruoli ei rap- porti tra maschile e fem minile, sulla riproduzio- ne e le nuove tecnologie del corpo, su che tipo di umanità abi- terà il terzo millennio... Ma penso, co- munque, che le storie che raccontiamo siano troppe e mi chiedo il perchè Forse perché da quando c'è la televi- sione non si può più vivere senza che qualcuno ti racconti continuamente delle storie. In ogni modo la storia che racconta in Sacred Country è tanto nuova da aver fatto litigare i critici... I critici sono stati soprattutto curio- si. Mentre alcune giornaliste femmini- ste mi hanno criticato richiamandomi, ad una mia presunta responsabilità verso le donne Perché Mary vuole diventare un uo- mo? si sono chieste, lo credo che su questo ci sia stato un equivoco, a me- no che non si sia trattato di una vera e propria censura. A.M.C.) IMMAGINE non è qualcosa che si vede, è un vedere del cuo- L re..., dicono alcune donne in "Percorso per figure di inten- sita", il saggio che introduce un numero speciale della rivista Sta- zione di posta dedicata a la madre: origine della passione. Sono Gabriella Buzzatti, Isanna Generali. Pina Gia cobbe, Tina Serpi e Rita Valle del Cen tro di documentazione donne di Fi renze. E più in là nel loro testo: Non si tratta di disvelare/rivelare il Senso, la Verità ma di scoprire il materiale di- menticato, rimosso, a partire dai resi- dai contagi che hanno lasciato dietro di sé. Se le immagini sono il risultato di un vedere del cuore allora il cuore - il sentire, l'esperienza, le emozioni - c'entra con la teoria. Specie quando la toria si esprime per "figurazioni", quel pensare per figure che una teorica co- me Rosi Braidotti ha ormai non solo adottato ma, a sua volta, teorizzato: «Il termine "figurazione"... si riferisce ad un'immagine del pensiero che evoca o rappresenta vie di uscita rispetto alla tradizione fallologocentrica e della vi sione del soggetto, spiega Braidotti nel saggio introduttivo di Nomadic Subject, la raccolta di suoi scritti in uscita per la Columbia University Press di New York La sua figurazione centrale non è, come nel caso delle donne di Firenze, la madre ma la don- na e un particolare tipo di donna: una nomade, una poliglotta. È lei quella che pensa, il soggetto filosofico, ma anche il suo personaggio. E il modo in cui Rosi racconta ciò che è e ciò che ha fatto, i luoghi in cui è stata. Ed è lei, il soggetto nomade e poliglotta che in- sieme pensa e racconta: l'infanzia in Friuli, il passaggio in Australia e poi Parigi e ora Utrecht, Olanda. E intanto centinaia di incontri, viaggi, sposta menti. Lingue che si intrecciano in una polifonia di voci ascoltate e pensieri espressi in codici linguistici differenti: l'italiano, l'inglese, il francese, l'olan dese. E poi una semplice constatazione: L'identità è una nozione retrospetti- var. L'identità della nomade ancor di plu: mappa del luoghi in cui sei già statas, inventario di tracce. Che cosa questo implichi nella e per la teoria del femminismo è esattamente uno dei nodi cruciali del dibattito in corso in Italia e tra le due sponde dell'Atlanti- co. La nomade poliglotta dice molto di sé ma qui ne prenderemo solo un aspetto: il suo essere, per cosi dire, allo stesso tempo pensante e affabulatoria. D'altronde, che cosa ci dice molta della produzione delle donne che quello che davvero produce pensiero sulla nostra soggettività sono esatta mente gli scarti, le frizioni, tra l'espe rienza e le teorie già disponibili. E met- te in circolazione nuove narrative, rac- conti nuovi o nuove versioni delle sto rie che abbiamo da sempre sentito raccontare. C'era una volta... C'era una volta una regina, una madre, una bambina, due sorelle, una vecchi- na... La bambina di Rose Tremain (di cui parliamo qui accanto non diventa una principessa ma un transessuale La bambina de l'amore molesto di Ele- na Ferrante è una figlia né amorosa né ribelle. La bambina di Trama d'infan zia di Christa Wolf non smetterà mai piu di dover raccontare la sua storia man mano che la geografia della poli. tica cambia il suo passato. La bambina NUOVE NA Ai COI È ciò che p il pensiero de Il gioco dei regni di Clara Sereni na- sce quando gia troppa Storia ha scom- pigliato i giochi d'infanzia della sua fa- miglia. E come se addentrarsi nel bo- sco, l'eccesso che mette in pericolo Cappuccetto Rosso e fa in modo che sia felice di essere salvata da un cac- ciatore, fosse ormai la norma: superare il confine ma salvarsi da sole e dunque ridisegnarlo continuamente. Avanzare stringendo tra le mani le mappe "del luoghi dove siamo già state", perché quelle dei territori che dovremo anco ra attraversare sono inutilizzabili. Non le abbiamo fatte noi e dunque preve dono indicazioni, sentieri, itinerari che spesso non sono quelli che servono, certo non per tutti i tragitti. Che dire di una Jane Campion che riscrive Cime tempestose in Nuova Ze- landa con un finale che sembra un premio al coraggio e alla fedeltà a sé stessa? In Lezioni di Piano, la protago nista del film, Ada, dice: La voce che sentite non esce dalla mia bocca, e la voce del pensiero
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