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Rassegna stampa, Oggetto 177

Lonzi Marta18 ottobre 1969 - 23 ottobre 2001

La Galleria Nazionale

La Galleria Nazionale
Roma, Italy

  • Title: Rassegna stampa, Oggetto 177
  • Creator: Lonzi Marta
  • Date Created: 18 ottobre 1969 - 23 ottobre 2001
  • Transcript:
    perché sono stata violentata, non accetto il disprezzo della zate privatecoverate nelle autolesioniste storie di "povere pazze" prima erano i roghi, ora i manicomi finché non lo constati di persona entrando in un istituto psichiatrico, parlando a lungo con le donne che vi sono rinchiuse, non ti sembra possibile che l'unica loro "malattia" sia quella di aver derogato alle regole ingiuste e oppressive che questa società impone a tutte noi donne Sono entrata in un manicomio ed ho incontrato delle povere atto che dietro le sbarre, le recinzioni del manicomio romano, « , matte : una vecchietta che con grande dignità racconta i vivono seppellite centinaia di donne sane di mente: magari ol 30 anni di sagregazione, una ragazza che amaramente turbate, avvilite, depresse dalla vita che hanno condotto dalle va che la sua unica malattia è la miseria e l'emargina oppressioni che hanno subito quando erano figlie, moglie zione, una donna di 72 anni che ancora oggi sta pagando per madri come tutte le altre, rinchiuse li dentro per un gesto aver amato tanto tempo fa un uomo che non era il suo, una di ribellione o di sconforto. ventenna che supplica di farla uscire prima che la clausura la e una che dice: qui , passività nei confronti della cultura e delle esigenze maschili. In effetti tutte le donne che ho incontrato dentro i padiglioni del S. Maria della Pietà rispondono esattamente a questo quadro: c'è chi non poteva pla rendersi utile come casalinga, chi ha osato andare contro le convenzioni amando per libertà e non per dovere e chi si è ribellata a una famiglia feroce- mente autoritaria fuggendo da casa. mia famiglia e sono disperatamente povera. In Le donne e la pazzia l'autrice. Phillis Chesler, dice chia ramente che molte donne del secolo XX vengono psichiatriz- affatto profondamente infelici, , economicamente disagiate, sessualmente frustrate da espe rienze desolanti. Afferma anche che sono persone che lottano spesso contro il ruolo tradizionale della donna e che quando capiscono come sia impossibile vincere una simile battaglia provano ancora una volta a fuggire, con un tentativo di suici- dio o diventando pazze, a quella sorta di semi esistenza che viene loro imposta. Ma nella nostra società dice Phil. lis Chesler - sono poche, anzi pochissime le donne autenti- camente pazze. Incontrarle in quelle stanze, in quei cortiletti di terra battuta recintati con reti alte tre metri e angosciante: ma scoprire che per decine di anni, spesso per tutta la vita queste figure femminill, soffrono, e vegetano, rinchiuse in un manicomio. fa toccare con mano la profonda inimicizia, l'odio che questa società nutre nei confronti della donna. Che la stragrande maggioranza delle donne internate nei manicomi vi entri perché ha osato in qualche modo ribellarsi al ruolo che questa società le impone, che insomma per finire in manicomio basta non voler fare la figlia sottomessa, la moglie servizievole o la madre a tempo pieno, è una convin zione che ho maturato dopo aver preso parte ad una ricerca nel manicomi del Lazio in cui abbiamo intervistato 4.634 rico verati di cui circa la metà donne e consultato le rispettive cartelle cliniche A dirmi queste cose è Franca, una compagna femminista, la quale sta portando a termine uno studio sulle motivazioni che conducono le italiane in manicomio. Ed è stata proprio questa voglia di raccontare l'ingiustizia, la segregazione di cui sono vittime le donne negli istituti manicomiali, che ci ha fatto superare le difficoltà di questa molti dei primari dei pa- inchiesta tenacemente ostacolata da me diglioni visitati. Ogni padiglione è un feudo a sé stante- ci ha detto un'infermiera e il primario che lo dirige ha in . I motivi pla frequenti che conducono una donna in manico mano il destino e la vita stessa delle pazienti che vi si tro- vano. Al S. Maria della Pietà solo un terzo dei padiglione - o è per la famiglia perché non vuole o non può più svolgere la aperto. Eppure anche nei padiglioni chiusi ho conosciuto del mansioni di casalinga, o il fatto che ha tentato di sottrarsi le donne che malgrado la quantità spaventosa di psicofarmaci alla prima legge di questa società che a quella di negare la che ingeriscono, la segregazione prolungata, I maltrattamenti sessualità femminile e di imporre alle donne soggezione e sono in grado di parlare di se stesse con lucidith. Insieme ci siamo intrufolate per una settimana nei padiglioni del Santa Maria della Pietà, abbiamo parlato con decine di donne e prima incredula pol esterrefatta ho dovuto prendere sandra b. 69 anni angela p. 23 anni “mi si chiuse il cancello alle spalle" ricamavo: era un lavoro che sapevo fare mol- to bene e che mi permetteva l'indipendenza economica. Anch'io sono una piccola rotella dell'ingranaggio che manda avanti questa fa- miglia - mi dicevo - le cose si sistemeran. no. Invece non si sistemo un bel nulla. Mi sentiva sempre male, ma non volevo confes sarlo, se avessi raccontato a mia sorella che anch'io ero tbo, che non ero più in grado di lavorare, certamente mi avrebbe detto di un dar via. Ma un giorno non riuscii ad alzarmi, allora la chiamai a la confidai le mie paure; lel disse soltanto finalmente ha parlata! e mi accompagno dal dottore. Questi guardo le lastre e sentenzio: ci sono delle infiltre- zioni. Lossi negli occhi di mia sorella l'odio e il terrore del contaglo. Finii in ospedale, Ero disperata. Conciata cosl, mi dicevo, a chi ser vo, dove vado. Un giorno mi misi ad urlare: - Mi butto dalla finestra, voglio morire, MI portarono alla nauro, ne uscil dopo tre mesi per tornare al S. Spirito, ma ero casi debole, coal malandata che decisero di farmi tra gli altri accertamenti, la puntura lombare. Quan do mi svegliarono non muovevo plu le gambe: la puntura lombare mi aveva paralizzata. Adesso sono conciata peggio di prima-pen savo - nessuno mi vorrà plu. I miei sogni volati via per sempre, non ho un solo posto dove andare. Mi finsi un po' svitata: il mani comio, vi sembrarà incredibile, ma era l'unica possibilità che avevo, non fu difficile ritor- narvi. Mi si chiuso il cancello alle spalle. Non sono mai riuscita a tacere di fronte alle violenza, alle inglustizie fatte alle degenti. E allora mi dicevano che ero cattiva e in effet tl In un manicomio chi dice la verità e la plu cattiva Ma alla mia famiglia non ho mai dato fasti- dio, loro hanno pregiudizi della borghesia di una volta e lo ho accettato il loro rifiuto, la . E lei la signorina Sandra Biscardi ricoverata qul da trent'anni dice l'infermiera e se ne segregazione. Del resto che poteva preten- va. E una veochietta bianca e minuscola quel dere: invalida come sono a che serviva, la che ci indicat a letto e ricama una tova pol... che vuol che gliene interessi alla gente glia di lino. Ci guarda stupita, chi siete? chie- del gusto delle capacità artistiche di una don- de con lo sguardo, poi fa un sorriso. posa 1 na, e a me e restato solo questo. Adesso in lavoro e ci tende la mano: Buon giorno, buon questo padiglione si fanno le assemblem: ne giorno - dice - accomodatevi e indica le abbiamo fatto una per esaminare la proposta sedia di trasformarlo in un padiglione misto, lo no La mia storia è un calvario... comunque va no intervenuta e ho detto: l'importante è che bene, parliamone - Ripone il lavoro, si ravvia non si verifichi che le donne di questo padi I capelli, si concentra e poi dice: - Credo glione si trovino loro malgrado a fare da ca che sia meglio cominciare dall'inizio da quan meriere agli uomini che verranno perché al- do i miei genitori nel giro di pochi mesi mo- lora stiamo meglio solo fra donne.. rirono entrambi di tbc. Oggi ho 69 anni, ma • Nell'indagine a cui ho partecipato -- dice allora ne avevo 8 ed ero di una famiglia bor Franca - la maggior parte del ricoveri di ghese e agiata. Entrai in preventorio. poi in donne risultano essere fatti per motivl oss un collegio. Ebbl subito come dire... un ar plu resto, mi chiusi in me stessa, il velo nero produttiva in casa, se non svolge il ruolo per sto mi impedirono di comunicare, di espri- cui è stata cresciuta ad educata, cessa di es sere la regina della casa ed entra in mani mermi. I miel- unlel momenti felici erano comio quelli che passava sognando ad occhi aperti: - quando sarà grande ed uscirò di qui - . Mi chiedo perchè è cos rassegnata questa pensavo - Incontrer l'amore, mi sposero, la donna, perché non ha nessun risentimento . nei confronti di chi le ha negato un'esisten mattina mi sveglieri di buon ora per stirare la camicia a mio marito e portargli la cola za umana, come se li giustificasse... lica- zione a letto. Cosa volete - dice cambiando pisse..... Siamo sempre state portatrici di - consenso noi donne - commenta France abbiamo interiorizzato ruoli che ci hanno imposto, fino a farli nostri. Per dirla in parole povere: se scopriamo che non ci va più di lavare i piatti, che quel lavoro el disgusta, siamo le prime a pensare che stiamo impaz. zendo, anche perché gli altri fanno di tutto per convincerci di questo. tono - quelli erano i sogni delle ragazze di allora. A 19 anni sono uscita del collegia e sono andata ad abitare a casa di mia sorella che si era sposata e aveva una bambina hd accogliermi troval solo un grande gelo. Mi impegnal con tutte le mie forze per render- ml utile, capivo che quello era l'unico modo per essere accettata. Finiti i lavori di casa 4 pag. - quotidiano donna "neanche un bacio ci siamo potuti dare" Sono rientrata qui solo ieri sera e ancora ho negli occhi la gente, le cose belle e brut- te che ho vissuto, insomma non mi sento an- cora tagliata fuori Avra 23 anni, si chiama Angela Pistacci e certamente proviene da una famiglia modesta • Adesso vi racconto di lari sera... no, no racconto tutto dall'inizio... pero è difficile, tante cose non me le ricordo... chissà che mi hanno fatto.. tutte quelle pillole, anzi a me ne danno poche perché sono cardiopatica, po- ro non sal mal cosa ti fanno... salad 11 anni mi hanno sedotto, o da quel momento che nella mia famiglia mi odiano, mia madre non mi può vedere, mio padre e i miei fratelli mi disprezzano, lo con quello che mi ha sedotto ci sono stata pure un po' insieme, poi sono rimasta incinta e quando il bambino è nato me lo hanno subito tolto e io ho avuto una crisi gravissima, un lungo trauma. Mi dicono che sono caratterlolo sarà pure vero, ma molto seriamente, credimi, il mio unico vero problema o la famiglia da cui sono nata: la non accetto di essere sottomessa a loro, di fargli da schiava, ma perché mi trattano co- si!?... di un lungo periodo non mi ricordo niente... 50 solo che è stato un continuo en- trare ed uscire dal manicomio. Ogni volta ml riportavano dentro perché non volevo 09- sere sottomessa, perché mi ribellavo. Adesso voglio raccontare quella che mi ricordo, quel lo che è successo ultimamente. Sette mesi fa, qui al manicomio, la frequentava la scuola e ho conosciuto un ragazzo, anche lui rico- verato, o sal perché? perché era stato lascia- to da 4 donne una dopo l'altra ed era caduta in una grande depressione, aveva paura di non essere un uomo, di essere diverso dagli altri e quindi rifiutato. Ma con me è stata un'altra cosa. Ci siamo fidanzati. Non si pub immaginare la pazienze che mi ci è voluta per ridargli fiducia... gli ho voluto subito bene. Pol i genitori ci hanno ripreso. Ma è camin clata la solita storia, lo ripeto: per me è un problema famigliare, di incomprensione. Do vrei fare la schiava, la serva ai miei fratelli sopportare le botte di mio padre, il disprezzo di mia madre. Anche quest'ultima volta non ce l'ho fatta, quando mi esasperano io non riesco a contenermi e sono esplosa e ho mi- nacciato di uccidermi... Subito hanno detto che mi portavano alla nauro... per paura sono scappata a casa del mio ragazzo, ma il padre non voleva che ci stessi, ripetava che non stava bene, che non era serlo. Ho spiegato al mio fidanzato che dovevo andarmene anche da li e lul ha detto che non mi lasciava an dare via da sola, che sarebbe fuggito con me. E lo abbiamo fatto! Abbiamo preso un treno siamo scesi a Perugia, è stato pure bello. Carto non avevamo una lira, c'era da morire di fame, dormivamo su un prato, ci facavamo caldo l'una con l'altro, mica avevamo niente da coprirei... però el siamo amati nella liber- tà... una sera poi, eravamo sul nostro prato, mi sono sentita male, avevo lo allucinazioni ti credo non mangiavo da tre giorni! Ma e stato brutto, il mio fidanzato aveva cambiato aspetto, lo vedevo come un mostro, mi sono messa a urlare terrorizzata, lul mi abbraccia va, cercava di calmarmi, ma non c'era niente da fare... allora siamo andati alla polizia for roviaria; hanno telefonato a mia madre e poi ci hanno condotto al manicomio di Perugia Sono venuti i miei genitori a riprenderci, il medico ha detto che potevamo tornare a ca- 8a. Abbiamo preso tutti insieme il treno per Roma. Durante il viaggio si parlava con sere- nith, io mi sentivo tranquilla... che scoma! Ho capito solo all'ultimo che ci stavano riac compagnando qul. Ho vissuto del momenti disperati, mi sentivo schiacciata dal dolore che provavo e dall'incomprensione del miei... doveva fare uno sforzo per non dare in escan descenze, ho cercato di trattenermi... neanche parlavo. Mio fratello una volta scesi dal treno Bveva preso un bastone, era minaccioso. Il mio ragazzo non realizzava bene, mi chiedeva: .ma dove siamo andando. questa non è la strada di casa e io che avevo capito la si tuazione gli ho detto: - Se ti agiti è peggio, cerca di stare tranquillo: stiamo tornando al manicomio. Pero quando siamo arrivati mi 50- no messa a plangere come una pazza, neanche un bacia ci siamo potuti dare, ci hanno diviso e basta. Adesso gia lo so, fra duo, tre giorni comincora a mancare, soffrire terribilmen te... ma per me è finita... sono magra, anemi- ca, sono uno straccio. è sicura che finisco i miei giorni qui... ma chi vuoi che mi fascia uscire! Però la verità è sempre la solita: se ero una donna ricorso il mio ragazzo avesse avuto una buona posizione socialo, se non eravamo due poveracci, a quest'ora vivevamo in una casa nostra e non saremmo mai andati a mo- rire di fame su un prato a Perugia per avere un momento di libertà
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