perché sono stata violentata, non accetto il disprezzo della zate privatecoverate nelle autolesioniste
storie di "povere pazze"
prima erano i roghi, ora i manicomi
finché non lo constati di persona entrando in un istituto psichiatrico, parlando a lungo con le donne
che vi sono rinchiuse, non ti sembra possibile che l'unica loro "malattia" sia quella di aver derogato
alle regole ingiuste e oppressive che questa società impone a tutte noi donne
Sono entrata in un manicomio ed ho incontrato delle povere atto che dietro le sbarre, le recinzioni del manicomio romano,
«
,
matte : una vecchietta che con grande dignità racconta i vivono seppellite centinaia di donne sane di mente: magari
ol 30 anni di sagregazione, una ragazza che amaramente turbate, avvilite, depresse dalla vita che hanno condotto dalle
va che la sua unica malattia è la miseria e l'emargina oppressioni che hanno
subito quando erano figlie, moglie
zione, una donna di 72 anni che ancora oggi sta pagando per madri come tutte le altre, rinchiuse li dentro per un gesto
aver amato tanto tempo fa un uomo che non era il suo, una
di ribellione o di sconforto.
ventenna che supplica di farla uscire prima che la clausura
la e una che dice: qui
,
passività nei confronti della cultura e delle esigenze maschili.
In effetti tutte le donne che ho incontrato dentro i padiglioni
del S. Maria della Pietà rispondono esattamente a questo
quadro: c'è chi non poteva pla rendersi utile come casalinga,
chi ha osato andare contro le convenzioni amando per libertà
e non per dovere e chi si è ribellata a una famiglia feroce-
mente autoritaria fuggendo da casa.
mia famiglia e sono disperatamente povera.
In Le donne e la pazzia l'autrice. Phillis Chesler, dice chia
ramente che molte donne del secolo XX vengono psichiatriz-
affatto profondamente infelici, ,
economicamente disagiate, sessualmente frustrate da espe
rienze desolanti. Afferma anche che sono persone che lottano
spesso contro il ruolo tradizionale della donna e che quando
capiscono come sia impossibile vincere una simile battaglia
provano ancora una volta a fuggire, con un tentativo di suici-
dio o diventando pazze, a quella sorta di semi esistenza
che viene loro imposta. Ma nella nostra società dice Phil.
lis Chesler - sono poche, anzi pochissime le donne autenti-
camente pazze.
Incontrarle in quelle stanze, in quei cortiletti di terra battuta
recintati con reti alte tre metri e angosciante: ma scoprire
che per decine di anni, spesso per tutta la vita queste figure
femminill, soffrono, e vegetano, rinchiuse in un manicomio.
fa toccare con mano la profonda inimicizia, l'odio che questa
società nutre nei confronti della donna.
Che la stragrande maggioranza delle donne internate nei
manicomi vi entri perché ha osato in qualche modo ribellarsi
al ruolo che questa società le impone, che insomma per finire
in manicomio basta non voler fare la figlia sottomessa, la
moglie servizievole o la madre a tempo pieno, è una convin
zione che ho maturato dopo aver preso parte ad una ricerca
nel manicomi del Lazio in cui abbiamo intervistato 4.634 rico
verati di cui circa la metà donne e consultato le rispettive
cartelle cliniche
A dirmi queste cose è Franca, una compagna femminista, la
quale sta portando a termine uno studio sulle motivazioni che
conducono le italiane in manicomio.
Ed è stata proprio questa voglia di raccontare l'ingiustizia,
la segregazione di cui sono vittime le donne negli istituti
manicomiali, che ci ha fatto superare le difficoltà di questa
molti dei primari dei pa-
inchiesta tenacemente ostacolata da me
diglioni visitati. Ogni padiglione è un feudo a sé stante-
ci ha detto un'infermiera e il primario che lo dirige ha in
.
I motivi pla frequenti che conducono una donna in manico mano il destino e la vita stessa delle pazienti che vi si tro-
vano. Al S. Maria della Pietà solo un terzo dei padiglione
- o è
per la famiglia perché non vuole o non può più svolgere la aperto. Eppure anche nei padiglioni chiusi ho conosciuto del
mansioni di casalinga, o il fatto che ha tentato di sottrarsi le donne che malgrado la quantità spaventosa di psicofarmaci
alla prima legge di questa società che a quella di negare la che ingeriscono, la segregazione prolungata, I maltrattamenti
sessualità femminile e di imporre alle donne soggezione e sono in grado di parlare di se stesse con lucidith.
Insieme ci siamo intrufolate per una settimana nei padiglioni
del Santa Maria della Pietà, abbiamo parlato con decine di
donne e prima incredula pol esterrefatta ho dovuto prendere
sandra b. 69 anni
angela p. 23 anni
“mi si
chiuse il cancello
alle spalle"
ricamavo: era un lavoro che sapevo fare mol-
to bene e che mi permetteva l'indipendenza
economica. Anch'io sono una piccola rotella
dell'ingranaggio che manda avanti questa fa-
miglia - mi dicevo - le cose si sistemeran.
no. Invece non si sistemo un bel nulla. Mi
sentiva sempre male, ma non volevo confes
sarlo, se avessi raccontato a mia sorella che
anch'io ero tbo, che non ero più in grado di
lavorare, certamente mi avrebbe detto di un
dar via. Ma un giorno non riuscii ad alzarmi,
allora la chiamai a la confidai le mie paure;
lel disse soltanto finalmente ha parlata!
e mi accompagno dal dottore. Questi guardo
le lastre e sentenzio: ci sono delle infiltre-
zioni. Lossi negli occhi di mia sorella l'odio
e il terrore del contaglo. Finii in ospedale, Ero
disperata. Conciata cosl, mi dicevo, a chi ser
vo, dove vado. Un giorno mi misi ad urlare:
- Mi butto dalla finestra, voglio morire, MI
portarono alla nauro, ne uscil dopo tre mesi
per tornare al S. Spirito, ma ero casi debole,
coal malandata che decisero di farmi tra gli
altri accertamenti, la puntura lombare. Quan
do mi svegliarono non muovevo plu le gambe:
la puntura lombare mi aveva paralizzata.
Adesso sono conciata peggio di prima-pen
savo - nessuno mi vorrà plu. I miei sogni
volati via per sempre, non ho un solo posto
dove andare. Mi finsi un po' svitata: il mani
comio, vi sembrarà incredibile, ma era l'unica
possibilità che avevo, non fu difficile ritor-
narvi. Mi si chiuso il cancello alle spalle.
Non sono mai riuscita a tacere di fronte alle
violenza, alle inglustizie fatte alle degenti. E
allora mi dicevano che ero cattiva e in effet
tl In un manicomio chi dice la verità e la plu
cattiva
Ma alla mia famiglia non ho mai dato fasti-
dio, loro hanno pregiudizi della borghesia di
una volta e lo ho accettato il loro rifiuto, la
. E lei la signorina Sandra Biscardi ricoverata
qul da trent'anni dice l'infermiera e se ne segregazione. Del resto che poteva preten-
va. E una veochietta bianca e minuscola quel
dere: invalida come sono a che serviva,
la che ci indicat a letto e ricama una tova pol... che vuol che gliene interessi alla gente
glia di lino. Ci guarda stupita, chi siete? chie- del gusto delle capacità artistiche di una don-
de con lo sguardo, poi fa un sorriso. posa 1 na, e a me e restato solo questo. Adesso in
lavoro e ci tende la mano: Buon giorno, buon questo padiglione si fanno le assemblem: ne
giorno - dice - accomodatevi e indica le abbiamo fatto una per esaminare la proposta
sedia
di trasformarlo in un padiglione misto, lo no
La mia storia è un calvario... comunque va
no intervenuta e ho detto: l'importante è che
bene, parliamone - Ripone il lavoro, si ravvia non si verifichi che le donne di questo padi
I capelli, si concentra e poi dice: - Credo glione si trovino loro malgrado a fare da ca
che sia meglio cominciare dall'inizio da quan meriere agli uomini che verranno perché al-
do i miei genitori nel giro di pochi mesi mo- lora stiamo meglio solo fra donne..
rirono entrambi di tbc. Oggi ho 69 anni, ma
• Nell'indagine a cui ho partecipato -- dice
allora ne avevo 8 ed ero di una famiglia bor
Franca - la maggior parte del ricoveri di
ghese e agiata. Entrai in preventorio. poi in donne risultano essere fatti per motivl oss
un collegio. Ebbl subito come dire... un ar
plu
resto, mi chiusi in me stessa, il velo nero produttiva in casa, se non svolge il ruolo per
sto mi impedirono di comunicare, di espri- cui è stata cresciuta ad educata, cessa di es
sere la regina della casa ed entra in mani
mermi. I miel- unlel momenti felici erano
comio
quelli che passava sognando ad occhi aperti:
- quando sarà grande ed uscirò di qui -
. Mi chiedo perchè è cos rassegnata questa
pensavo - Incontrer l'amore, mi sposero, la
donna, perché non ha nessun risentimento
.
nei confronti di chi le ha negato un'esisten
mattina mi sveglieri di buon ora per stirare
la camicia a mio marito e portargli la cola za umana, come se li giustificasse... lica-
zione a letto. Cosa volete - dice cambiando pisse..... Siamo sempre state portatrici di
-
consenso noi donne - commenta France
abbiamo interiorizzato ruoli che ci hanno
imposto, fino a farli nostri. Per dirla in parole
povere: se scopriamo che non ci va più di
lavare i piatti, che quel lavoro el disgusta,
siamo le prime a pensare che stiamo impaz.
zendo, anche perché gli altri fanno di tutto
per convincerci di questo.
tono - quelli erano i sogni delle ragazze di
allora. A 19 anni sono uscita del collegia e
sono andata ad abitare a casa di mia sorella
che si era sposata e aveva una bambina hd
accogliermi troval solo un grande gelo. Mi
impegnal con tutte le mie forze per render-
ml utile, capivo che quello era l'unico modo
per essere accettata. Finiti i lavori di casa
4 pag. - quotidiano donna
"neanche un bacio
ci siamo
potuti dare"
Sono rientrata qui solo ieri sera e ancora
ho negli occhi la gente, le cose belle e brut-
te che ho vissuto, insomma non mi sento an-
cora tagliata fuori
Avra 23 anni, si chiama Angela Pistacci e
certamente proviene da una famiglia modesta
• Adesso vi racconto di lari sera... no, no
racconto tutto dall'inizio... pero è difficile,
tante cose non me le ricordo... chissà che mi
hanno fatto.. tutte quelle pillole, anzi a me
ne danno poche perché sono cardiopatica, po-
ro non sal mal cosa ti fanno... salad 11 anni
mi hanno sedotto, o da quel momento che
nella mia famiglia mi odiano, mia madre non
mi può vedere, mio padre e i miei fratelli mi
disprezzano, lo con quello che mi ha sedotto
ci sono stata pure un po' insieme, poi sono
rimasta incinta e quando il bambino è nato
me lo hanno subito tolto e io ho avuto una
crisi gravissima, un lungo trauma. Mi dicono
che sono caratterlolo sarà pure vero, ma
molto seriamente, credimi, il mio unico vero
problema o la famiglia da cui sono nata: la
non accetto di essere sottomessa a loro, di
fargli da schiava, ma perché mi trattano co-
si!?... di un lungo periodo non mi ricordo
niente... 50 solo che è stato un continuo en-
trare ed uscire dal manicomio. Ogni volta
ml riportavano dentro perché non volevo 09-
sere sottomessa, perché mi ribellavo. Adesso
voglio raccontare quella che mi ricordo, quel
lo che è successo ultimamente. Sette mesi
fa, qui al manicomio, la frequentava la scuola
e ho conosciuto un ragazzo, anche lui rico-
verato, o sal perché? perché era stato lascia-
to da 4 donne una dopo l'altra ed era caduta
in una grande depressione, aveva paura di
non essere un uomo, di essere diverso dagli
altri e quindi rifiutato. Ma con me è stata
un'altra cosa. Ci siamo fidanzati. Non si pub
immaginare la pazienze che mi ci è voluta
per ridargli fiducia... gli ho voluto subito bene.
Pol i genitori ci hanno ripreso. Ma è camin
clata la solita storia, lo ripeto: per me è un
problema famigliare, di incomprensione. Do
vrei fare la schiava, la serva ai miei fratelli
sopportare le botte di mio padre, il disprezzo
di mia madre. Anche quest'ultima volta non
ce l'ho fatta, quando mi esasperano io non
riesco a contenermi e sono esplosa e ho mi-
nacciato di uccidermi... Subito hanno detto
che mi portavano alla nauro... per paura sono
scappata a casa del mio ragazzo, ma il padre
non voleva che ci stessi, ripetava che non
stava bene, che non era serlo. Ho spiegato al
mio fidanzato che dovevo andarmene anche
da li e lul ha detto che non mi lasciava an
dare via da sola, che sarebbe fuggito con me.
E lo abbiamo fatto! Abbiamo preso un treno
siamo scesi a Perugia, è stato pure bello.
Carto non avevamo una lira, c'era da morire
di fame, dormivamo su un prato, ci facavamo
caldo l'una con l'altro, mica avevamo niente
da coprirei... però el siamo amati nella liber-
tà... una sera poi, eravamo sul nostro prato,
mi sono sentita male, avevo lo allucinazioni
ti credo non mangiavo da tre giorni! Ma e
stato brutto, il mio fidanzato aveva cambiato
aspetto, lo vedevo come un mostro, mi sono
messa a urlare terrorizzata, lul mi abbraccia
va, cercava di calmarmi, ma non c'era niente
da fare... allora siamo andati alla polizia for
roviaria; hanno telefonato a mia madre e poi
ci hanno condotto al manicomio di Perugia
Sono venuti i miei genitori a riprenderci, il
medico ha detto che potevamo tornare a ca-
8a. Abbiamo preso tutti insieme il treno per
Roma. Durante il viaggio si parlava con sere-
nith, io mi sentivo tranquilla... che scoma!
Ho capito solo all'ultimo che ci stavano riac
compagnando qul. Ho vissuto del momenti
disperati, mi sentivo schiacciata dal dolore
che provavo e dall'incomprensione del miei...
doveva fare uno sforzo per non dare in escan
descenze, ho cercato di trattenermi... neanche
parlavo. Mio fratello una volta scesi dal treno
Bveva preso un bastone, era minaccioso. Il
mio ragazzo non realizzava bene, mi chiedeva:
.ma dove siamo andando. questa non è la
strada di casa e io che avevo capito la si
tuazione gli ho detto: - Se ti agiti è peggio,
cerca di stare tranquillo: stiamo tornando al
manicomio. Pero quando siamo arrivati mi 50-
no messa a plangere come una pazza, neanche
un bacia ci siamo potuti dare, ci hanno diviso
e basta. Adesso gia lo so, fra duo, tre giorni
comincora a mancare, soffrire terribilmen
te... ma per me è finita... sono magra, anemi-
ca, sono uno straccio. è sicura che finisco
i miei giorni qui... ma chi vuoi che mi fascia
uscire!
Però la verità è sempre la solita: se ero una
donna ricorso il mio ragazzo avesse avuto
una buona posizione socialo, se non eravamo
due poveracci, a quest'ora vivevamo in una
casa nostra e non saremmo mai andati a mo-
rire di fame su un prato a Perugia per avere
un momento di libertà
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