Sertigaano, i Tatui, - una casa colo-
nica del '400 toscano, trasformata in
una reggia - viveva "come un sulta
no orientale circondato da una schic
ra di amici adoranti, che vegliavano
sulla persona delicata e fragile del
genio"
Che questo fosse possibile, era do
vuto in gran parte alla sua segretaria
ed Egeria, Nicky Mariano - figlia di
una baronessa baltica e di un filoso
fo napoletano - che univa ad una
rara bellezza e perfetta educazione
un sicurissimo istinto di tutto quel
lo che era qualità. Era stata inse
diata ai Tatti dalla moglie di Beren
son, Mary, come la sola persona ca
pace di intraprendere la gestione la
boriosa dei fatti. Secondo Elena, ai
Tatti tegnava - per opera di Nicky
un calore famigliare, sebbene
fosse difficile" [io direi impossibile
"sfuggire alla soggezione di sentirsi
giudicati, quando si imparava a co-
noscere la passionalità dei giudizi di
Berenson - una passionalità che
poteva essere accusata di capriccio,
ma che conteneva soprattutto il ri-
chiamo ad una misura intransigente
ed ad un fiero rifiuto della medio-
crit pretenziosa"
I miei ricordi di Berenson risalgo
no alla mia infanzia, quando fre
quentavo la sua villa con mia madre.
Mi incuteva una grandissima sogge:
zione, ma gli devo due doni preziosi
di cui gli sarò sempre grata:
1. il consiglio, dato a mia madre.
di farmi avviare agli studi classici
con il professor Solone Monti - al
quale devo molte cose che in segui-
to, purtroppo, ho dimenticato, ma
un amore dello studio e della poesia
che non mi hanno mai abbandona
10:
2 . L'insegnamento altrettanto
prezioso di come si può (e si deve)
guardare un paesaggio o un quadro.
Mi raccontava la storia dell'indiana
che diceva al suo bambino: "Vedi
quell'uccello?" "Si", "Vedi le sue
penne?" "Si", "Vedi il suo occhio?"
"Si". Allora spara". E cosi, mi dice
va, che bisogna imparare a guardare:
sono i particolari che ci rivelano la
verità
Ricordo pure l'infinita pazienza e
buona grazia con cui - malgrado la
sua intolleranza dei "scocatori" -
mettava a disposizione di uno stu:
dente le risorse della sua favolosa
memoria. Quando stavo scrivendo il
mio Mercante di Prato e cercavo del-
le illustrazioni degli schiavi tartarie
africani portati a Firenze, diceva:
"Si, in una chiesa senese troverai de
gli affreschi di schiavi e schiave tarta
ri, e sul soffitto del Palazzo Ducale
una bellissima schiava africana".
Ai Tatti venivano i suoi discepoli,
amici e nemici amici" (così come li
chiamava) da ogni parte del mondo:
cessaria all'identità del soggetto
Può il dialogo che, come diceva
Benveniste, è la "figura stessa della
linguistica dell'enunciazione e del
discorso, sfuggire al logocentrismo
occidentale e darsi come forma libe
rata della parola aperta e plurale?
Una risposta affermativa viene da
Michel Maffesoli, sociologo alla Sor-
bonne e teorico del ritorno di Dio.
niso" che vede nel dialogo un cle.
mento della dinamica sociale. Più
cauto è Mario Perniola che, dopo
aver analizzato magistralmente le
posizioni di Heidegger, propone un
modello di "dia-ferenza trasmissiva
come superamento della dialogica
dialettica e di quella nichilistica che
restano fondamentalmente curocen-
triche e imperialistiche
Dopo i filosofi, i linguisti come
Frédéric Nef che, sulle orme di Du.
crot, ipotizza una quadripartizione
dei soggetti dell'atto dialogico
(cnunciatore/locutore: enunciata
poeti, pittori, filosofi, storici, ele
ganti signore di Roma e Parigi che lo
stimolavano a parlare, vecchi amici
di Boston e Harvard, e studenti rozzi
che chiamava "un-salong fihig"
(inadatti ad una società civile), ma ai
quali permetteva di usufruire dei
suoi libri e delle sue fotografie
L'ultima parte del libro di Elena
ci porta di nuovo a Firenze, ma in
ambienti molto diversi da quelli dei
Tatti. Prima, la sua amicizia con
Pannunzio, che era riuscito a creare
nel suo settimanale, quello che si
usa definire un mondo senza venit
meno alla propria natura, che era di
un riserbo estremo" Elena dice giu-
stamente: i geni della socievolezza
sono spesso dei grandi solicari, simili
a quegli attori che cominciano ad
esistere soltanto quando entrano in
scena". Poi, la sua amicizia con Pie-
tro Pancrazi, un aristocratico alla
maniera toscana, con un gusto per la
semplicità intransigente. Anch'io
lo conoscevo bene, perché quan
do stavo con Elsa Daliolio nel Palaz.
zone di Cortona. - veniva spesso a
passare le serate con noi. Era un uo-
mo di cui il talento letterario, come
il coraggio morale e la profonda
umanità, sono stati apprezzati pie
namente soltanto da pochi amici in
timi.
Finalmente, Elena descrive tutto
quello che ha fatto - tra il 1950 e
1960 - per una causa che le era di-
ventata carissima, la difesa dell'am-
pag. 11
MARIO PUCCINI, L'odore di Maremma, a cura
di Antonio Palermo, Liguori, Napoli 1935,
pp. XXII-218. Lit. 14.000
L'esatto parlare della Maremma
di Dante Della Terza
Nel corso di una carriera durata un ci-
quantennio lo scrittore marchigiano Mario
Puccini s'impose un intenso ritmo di proda-
zione, un sollecito artigianato scrittorio sera
mente notevole in un periodo segnato, in lia.
lia, da dernetudine del romanzo. Merito del
curatore del presente volume - un esperto:
Antonio Palermo - è stato quello di averci
saputo offrire uno spaccato della produzione
narrativa del Puccini tra il 1922 ed il 1955 in-
forno ad un tema unico: la Maremma
Tra le insidie della malaria, le memorie
ataviche di briganti ingigantite ai margini del
mito, i protagonisti del libro vivono una sita
fatta di preclusioni e di silenzi, di familiarita
con la terra folta di misteri. Di fronte a loro si
erge la figura dell'io warrante, l'apocato, un
estraneo esigente diviso tra l'amore per un
passaggio che non sa pisewitare e l'orrore che
i suoi miraggi susciano in /si tra la simpatia
che prova verso gli abitanti della Maremma
il disappunto che nasce in Ini di fronte alla
scarsa loro volontà di comunicare il mistero
della loro dissociazione dal mondo. Ma, se
non in quello degli abitanti della Maremma
che segono ad una sua inalterabile defini
zione, egli puo rispecchiare il suo destino al
meno in quello dei remotissimi antenati etru-
schi la cui tomba isolata a state rinvenuta in
Maremma, venuti a morire, nell'ipotesi for-
mulata dallo scrittore, lontani dalla storia; o
nel destino del filosofo Ermogaste che cerca se
stesso nell'estremo rifugio di una grotta
Ma cosa vuol dire per Puccini l'esplorazio
ne di questi orizzonti proibiti? Is NN senso,
biente, che portò alla formazione
dell'Associazione Italia Nostra". La
presidenza fia subito assunta da Um
berto Zanotti Bianco, al quale dob-
biamo se la Via Appia Antica ha an-
cora conservato il suo splendore,
che fu aiutato da Filippo Caracciolo.
A Firenze, due case l'accoglievano
spesso e cordialmente: quella dei co-
niugi De Marinis e quella di Nanni-
na e Piero Fossi, per cui l'espressio-
ne 'focolare acceso, simbolo di ospi.
calità non era retorica". Lui era ap
passionatissimo politicamente ed in
tellettualmente e portava un grande
calore nell'amicizia sua moglie
Nannina aveva allo stesso tempo i
pregi di un'antica fiorentina ed
un'antica americana, perché sua bi
questo rifugio segnala l'itinerario attraverso
cui egli we ed assorbe l'avventura letteraria
di un maestro amato, Giovanni Verga. Daun
altro punto di vista, oprando fermamente per
N orizzonte linguistico incluso tra Lazio &
Toscana, egli si distacca dal Verga perseguen-
do con lucidita una sua strada molto persona
le. Se in qualche scritto maggiore del Puccini
l'esperienza dirompente e pionieristica del
discorso in diretto libero dei Malavoglia agisce
da tentante polo d'attrazione, la mimesi del
parlato perseguits in Odore di Maremma ni
vela un'ascesi scrittoria di tipo diverso, rivolta
prevalentemente al lessico e, attraverso esto,
al maggiungimento di una reificazione dello
stile, di una pietrosita che respinge ai margini
ogni tentazione di bello scrivere". Puccini
insomma "Forcaneggia" nel senso che non la
scia spazio all'approssimazione circolocuto-
ria; attraverso la parola a direttamente al
cuore della cosa. I butteri che dal primo luco
re dell'alba affronta ENO freddo di M.
remma Ji WNOPONO Eru "bruzzico" (luccichio
d'alba) e "sixza" (vento freddo). Esri, per
muoversi, aspettano che l'alba "strambelli" il
buio. E se "stum bello sovrappone straccio
brandello, un personaggio forte, il NONNO
Isola, del racconto Luce che, nell'incipiente
cecita, "sempenna" come in ubriaco, soprap-
pone nella coscienza dello scrittore che ne
wine la disavventura inciampare a tentennare.
Nonno Lola (1926) e il Buttero (1929) JONO
Insomma rispettivamente precursore ed epi
gono di un altro parlante foscano, esemplar
mente ritratto in memorabili pagine di
guer
a: il soldato Cola. Essi sono i proponenti
d'un esatto parlare che si sa con artigiana
to impeccabile un suo percorso narrativo me
ritevole oggi di attento riesame...
Cesare Segre individuando nel ro-
manzo medievale alcuni clementi
fondatori della letteratura moderna
Nel suo saggio, limpidamente pro-
blematico. Segre, riprendendo la
bachtiniana teoria del romanzo, la
chiarisce e l'arricchisce sul piano
Storico testuale recuperando per
l'origine e la codificazione del gene-
re in questione un tipo particolare di
dialogismo medievale
rio/allocutario) o i semiologi come
Caprettini che esamina in modo
convincente il dialogo nella fiaba. La
parte del leone spetta avviamente ai
filologi e agli studiosi di letteratura
Il dialogo non è solo un gencre vero
e proprio ci limitiamo a ricordare il
modello lucianco come modello ito-
nico e in cetto senso alternativo alla
linea platonica) che ha un suo trac
ciato storico densissimo, ma c'è il
dialogo nelle opere letterarie e so- Ancora Bachtin e il punto di rife-
prattutto il dialogo teatrale. Tutto rimento di Maria Luisa Meneghetti
comincia con i poemi di Omero nel che ci fornisce un'utile distinzione
saggio fascinoso di Carlo Ferdinando fra rapporti di tipo dialogico e tap.
Russo, trattato di poietica in atto e porti di tipo intertestuale (esempi:
"calamo dell'alfabeto" e continua la lirica stilnovistica e quella petrar
- scrive Guido Paduano - nelle chista del cinquecento), mentre Da-
Argonautiche di Apollonio di Rodi, niela Goldin ripercorre con perizia la
un primo assaggio
di monologo in Storia di un microgenere, la "com-
teriore, modernissimo. E siamo già media clegiaca", attraverso l'analisi
ai problemi di confine: di dialogo in esso del monologo, del dialogo e
interiorizzato" parla Ne per il di- della disputatio. La forma classica
scorso dell'Antonio shakespeariano : del dialogo umanistico-rinascimen-
si parla di monologo che è comuni tale (Bembo) viene presentata nel
cazione dell'io" (diviso) o "simula: saggio di Scrivano e Nino Borsellino
zione di sdoppiamento", come fa scrive di quello osceno, nella Caxxe-
ria dell'Arsiccio Intronato,
Si passa infine al
dialogo contem
poraneo. Stefania Piccinato ne stu-
dia l'impianto nella narrativa di
Henry James con grande competen
za e Almansi ed Henderson affron
tano il dialogo non comunicativo
per eccellenza, quello di Harold Pin-
ter, una lingua fondata su un "dub-
bio radicale". corrotta fin dalla na-
scita. Chiude il panorama letterario
contemporaneo Dario Puccini, ese-
geta esemplare di Cronaca di una
worie 4*cat di Garcia
Marquex, un racconto percorso in
tutti i sensi da una forma parlata.
Ma allora dobbiamo concludere
che tutto è dialogo? Alla fine di
questo volume ricco di spunti e di
suggestioni (e non abbiamo potuto
nemmeno citare tutti i contributi
scientifici che lo compongono) rima-
niamo con questa domanda Con
l'impressione tuttavia di aver assisti-
to a un dialogo/confronto reale e ar-
ticolato fra vari ambiti disciplinari
diversi tipi di conoscenze.
soonna era stata la Mrs Bronson, la
cui casa di Venezia ai tempi di Hen.
ry James era una specie di fara
dell'ospitalità americana". "I De
Marinis invece vivevano in una reg.
gia per lo splendor dei giardini e la
preziosità dell'arredamento". Egli,
però non si capisce perché ave.
va deciso di perpetuare attraverso
un'istituzione l'ambiente della sua
grandiosa villa fiorentina, mentre al-
la moglie destinava la sua casa sette-
centesca vicino a Pistoia. "Ne nac-
que" sctive Elena, "un dissidio la
cui amarezza ha offerto uno spetta-
colo tristissimo a chi li conosceva. In
tomo a lui si aggiravano oscuri rap
presentanti di ricche fondazioni,
mentre lei, chiusa nelle sue stanze,
meditava femminile vendetta
l'avrebbe consumata. Dopo la scom-
parsa di De Marinis, lei vendette la
casa settecentesca pistoiese per ti
comprare quella di Firenze: e tutto
ciò che era stato da loro idoleggiato.
i giardini stupendi, gli arazzi, i libri
rarissimi, ando disperso
Elena propose, come soluzione, il
dono della villa al FAI (versione ita
liana del National Trust inglese). Ma
la proposta non fu accettata. Cið no-
nostante, bisogna ricordare che Ele.
na è stata la pioniera per la difesa
dell'ambiente che in seguito si è svi.
luppata e arricchita, e ha dato un ve
to e grande contributo (specialmen
te attraverso il lavoro indefesso della
famiglia Pasolini) alla conservazione
delle bellezze dell'Italia
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