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Rassegna stampa, Oggetto 354

Lonzi Marta18 ottobre 1969 - 23 ottobre 2001

La Galleria Nazionale

La Galleria Nazionale
Roma, Italy

  • Title: Rassegna stampa, Oggetto 354
  • Creator: Lonzi Marta
  • Date Created: 18 ottobre 1969 - 23 ottobre 2001
  • Transcript:
    segue da pag. 44 battono, per questo si la- sciano sfruttare, per questo, molto spesso, sono delle drogatex. Comunque non ha voluto osservarle troppo, dice, per non eccedere in informazio- ni. Le piace calarsi nei suoi personaggi e farli vivere in- ventando. Questo è sempre possibile quando interpreta i film di suo marito, Nicho- las Roeg, regista scomodo, artista inglese mentre lei è americana, vent'anni più anziano, bizzarro, talentoso - come dichiara lei - «inna- morato del mio sedere È stato possibile anche con Ken Russell. Ma è stata, pare, una contingenza for- tunata: Russell, dice There- sa, ha un carattere orribile, prevaricatore e rissoso. «Questa volta eravamo sol- tanto io e lui. Il film era tutto su di me. Io parlo al pubblico, io guardo in mac- china. Io mi confesso e mi sfogo ammicco e mi di- fendo e aggredisco e seduco e derido... lui sapeva che se non funzionava il rapporto fra me e lui, non ci sarebbe stato il film re. Se il regista non fosse stato Ken Russell, lei, nonostante la forza del copione, non l'avrebbe fatto. Ken Rus- sell è un autore e gli autori sono una garanzia di quali- tà, o, almeno, di una volga- rità che se c'è, e spesso de- ve esserci, non è mai fine a se stessa. Non è «per vende- Lei, la dark lady di La ve- dova nera di Bob Rafelson, uxoricida per scelta profes- sionale, più volte nei panni di maniache depressive, madri incestuose, seduttrici suicide, lei, con quel muset- to angelico contraddetto da uno sguardo affilato da gat- ta selvatica, la scelta del ci- nema d'autore l'ha fatta, fin dai primi film, con una sorta di selvaggia coerenza, perfino un po' démodé. Infatti non è ricca, mentre potrebbe esserlo. È riuscita a comperarsi una casa a Los Angeles soltanto l'anno scorso e facendo un mutuo, come tutti i comuni morta- li. Non è conformista: vive il meno possibile a Los An- geles (quando non ci abita affitta la sua casa), e il più possibile a Londra. Perché non vuole che i suoi figli, «Sono andata a osservare le prostitute, la loro vita, come si muovono. Le ho pagate perché mi parlassero. Io sono un'attrice, dicevo, ho bisogno di voi. Il vostro tempo vale quanto il mio». Statton di 8 anni e Max di 5, crescano nell'atmosfera fasulla e irreale dello show- business. Nemmeno per se stessa vuole dosi eccessive di Beverly Hills: proprio lei, che è californiana di nasci- ta, disapprova il luogo. Ep- pure, essendo nata nella sterminata periferia della città, dovrebbe farle piace- re mostrarsi ll'atto di sca- lare la vetta. «Macché.. Hollywood è un posto terri- bile. Tutti sono belli. Non c'è altro che gente bella. Se non sei bello ti spostano un po' più in là... e tutti sono soltanto ed esclusivamente interessati alla loro bellez- za. Tutti vogliono essere guardati, e, inevitabilmen- te, nessuno copre il ruolo fondamentale di spettatore, nessuno guarda. Dev'essere una noia bestiale. Theresa conviene e rincara la dose: «Noioso e ango- sciante, perché finché sei giovane la bellezza ti sem- bra una forza assoluta, poi la vedi diminuire e allora capisci che non puoi contar- ci in eterno Che rapporto ha con gli an- ni che passano questa bella non più giovanissima, asse- diata dalle varie Julia Ro- berts? Buono, tutto somma- to. È abbastanza onesta da non negare il problema e abbastanza intelligente da coprirsi le spalle: «Penso che diventerò una vecchia saggia», dice. Probabile: saggia, nono- stante le sue scelte difficili, lo è già abbastanza. Sa che talento ed ingegno durano di più, valgono di più, sono più rari della bellezza. Di- ce: «Non ho mai ricevuto una proposta di lavoro solo perché ero bella. Mai. Neanche a 18 anni Entro i 40 anni farà un film da regista. Sente di poterlo fare. Ha voglia di farlo. Non dirigerà se stessa come tanti suoi colleghi maschi (da Robert Redford a Ke- vin Costner). «Io mi identi- fico troppo con i miei perso- naggi, non avrei la capacità di uscire continuamente dal ruolo, per mettermi dall'al- tra parte della macchina da presa». Le piacerebbe, invece, diri- gere una donna, un'altra donna. Nomi? «Gena Row- lands, che è la mia attrice preferita, Hanna Schygul- la, Vanessa Redgrave». E fra le giovani? «Jodie Foster Tutte attrici, in qualche modo, impegnate, direi quasi di sinistra» con tutte le dovute virgolette: è, per caso, in qualche modo, schierata anche lei? Theresa Russell ride, im- mensamente divertita. No, la politica non le interessa. E non interessa neanche Nicholas Roeg. «Il tema che interessa di più mio marito è l'eterna lotta fra l'uomo e la don- na Gli è piaciuto, a proposito, Whore? Guadagno un'altra risata (ride bene, generosamente, e ridere la ringiovanisce). «Nic è un regista, non gli piace mai quello che fanno gli altri. Gli sono piaciuta io, era molto orgoglioso di me, ma avrebbe fatto un film molto diverso Probabile: questo si avvale di una crudezza di linguag- gio vagamente didascalica. Cito a caso dal copione: Stammi bene a sentire battona: io mi farò anche fottere, ma prima ti infilo quelle dita nel culo e poi te lo rompo. Non è un po' preoccupata di un prevedibile consumo scandalistico, questa bion- da martire del cinema d'au- tore? Preoccupata no, dice, forse un po' stufa. Le piace- rebbe interpretare, per una volta, la parte di una donna normale. Fare un film che potessero vedere anche i suoi figli. Statton, il mag- giore, l'ha sgridata: «Perché i tuoi film sono sempre vie- tati?». Ha anche chiesto «Che cosa vuole dire Who- re! È imbarazzante, con-.. vengo. «Ma la cosa peggiore è suc. cessa durante le riprese: io i miei bambini me li porto sempre dietro perché so che cosa vuol dire sentirsi soli da piccoli... ma mentre gi- ravo Whore, per molte set- timane, non ho potuto te- nerli con me, perché ero troppo triste, troppo in- fluenzata dal mio personag- gio... non avrei saputo, do- po 13 ore di set, scherzare con loro La maternità sembra dav- vero un tema centrale, per Theresa Russell: non parla dei suoi figli con quel tono di soddisfatta proprietà, quasi fossero cavalli di raz- za, che ho spesso sentito in altre interviste, con altre bionde, con altre star... Io, azzardo, consiglierei a tutte le donne molto appa- gate dal proprio lavoro o dalla propria immagine di diventare madri. Un figlio è una miracolosa riduzione del narcisismo, impedisce di essere troppo egocentri- che... regala una fragilità necessaria per continuare ad essere se stesse, a mi- gliorare. Theresa si illumina. Non è merito mio: si illumina sem- pre un po' quando parla dei suoi figli. Dice: i figli ti impediscono di conferire troppo valore alle cose. Se mi dicessero: o tu bruci un Picasso o noi torciamo un dito a uno dei tuoi bambini, io brucerei il Picasso». C'è da crederle. E c'è da crederle anche quando dice di aver rinunciato a certe occasioni cinematografiche per motivi di famiglia». Allora, chiedo con una pun- ta di ironia, quale sarà il suo prossimo film? Una produzione della Disney? «No. Non esattamente. Si chiama Chicago Loop... e io faccio la parte di una po- liziotta che uccide l'uomo che stava per stuprarla, poi soffre di tremendi sensi di colpa e riesce a superarli soltanto frequentando un altro assassino». Povera Theresa condannata all'e- stremismo. Eppure è bion- da e ha gli occhi celesti. La bionda non doveva essere «bellina e dolce? Non era bruno lo stereotipo della cattiva? Lidia Ravera
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