da
ed
ROMA Liberazione. Sessuali
tà. Separatismo. Doppia militan-
za. Pubblico privato. Ancora due
anni fa, questa terminologia squi-
sitamente femminista (anche se
in taluni casi, come quello del
< pubblico-privato », rilancia, con
una coloritura diversa, vecchi te-
mi del classico dibattito marxi-
sta), sarebbe stata tabù nell'uni-
verso femminile del Pci. Invece
di liberazione > si sarebbe det
to emancipazione»: e il resto
sarebbe stato silenzio (anche se
un silenzio non ignaro).
Oggi, invece, la tentazione fem-
minista serpeggia fra i ranghi or
dinati del più grande partito ope-
raio italiano. Almeno un morso
alla mela femminista il Pci glie-
lo ha dato: e lo si è visto qual-
che sera fa, quando nella sezio-
ne Campitelli di Roma questi con-
cetti venivano palleggiati - a
volte con una disinvoltura die-
tro cui si avvertiva, se non la
milizia, certo la consuetudine coi
gruppi del movimento di libera-
zione femminile, altre volte con
una trepidazione che tradiva in
sieme, fame e timore per un pa
ne che, forse, da se stessi ci si
inibiva da un centinaio di don-
ne (quasi tutte ragazze) e da una
cinquantina di uomini (molti gio-
vani). Era un cattivo > di dieci
sezioni di Roma-centro (Traste
vere, Campitelli, Celio, Monti,
Centro, Campo Marzio, Esquilino,
Testaccio, Macao, San Saba): si
è discusso, con Carla Ravaioli,
del suo libro La questione femmi
nile / intervista col Pci edito da
Bompiani (pag. 221, lire 3.500: la
prima edizione, 7.000 copie, è già
esaurita).
Il libro che in questa pagina
Ida Magli ha già recensito il 29
dicembre 1976) si compone di no-
ve interviste con altrettanti di-
rigenti comunisti (Giorgio Napo-
litano, Aldo Tortorella, Luciano
Gruppi, Giovanni Berlinguer,
Giuseppe Chiarante, Gerardo
Chiaramonte, Ugo Pecchioli,
Adriana Seroni e, a conclusione,
Enrico Berlinguer) sulla questio-
ne femminile rivisitata, appunto,
alla luce del neo-femminismo.
«Perché, sulla questione donna,
non hai intervistato più donne?>
è stata una delle prime domande.
«Non mi sono rivolta a "perso-
ne", ma a "funzioni", ha ri-
sposto l'autrice. «Ogni personag-
gio del libro è incaricato, nel par.
tito, di una sezione di lavoro. Non
è colpa mia se sono tutti maschi,
eccetto la responsabile della se-
zione femmniile
Risatine di consenso (accompa-
gnate da interventi che aperta
mente denunciano il maschili-
smo > del partito) corrono per
quest'assemblea policroma, tan-
to diversa, nel vestire e negli at-
teggiamenti (sciarpe, ponchos,
borse di velluto a strisce, sabots,
calze colorate, permanenti) dalla
vecchia, rigida immagine della
donna comunista in vestito a
giacca, dura e grigia, e fiera del-
la sua durezza e del suo grigio-
re, la corazza con cui aveva su-
perato quella che allora veniva
sentita come la inferiorità >
femminile.
sabato 5 febbraio 1977 la Repubblica
A Roma dieci sezioni comuniste
hanno discusso il libro di
Carla Ravaioli sul ruolo
delle donne e il Pci
Compagno, vuoi mordere
la mela femminista?
di LAURA LILLI
E' irreversibile, e stasera si ve.
de: nei temi e nei modi di porsi
il femminismo sta entrando nel
partito. Ma non inavvertitamen
te: molti interventi sottolineano,
insieme ai punti d'incontro (reali
o per ora solo desiderati) le dif-
ferenze. Lo fa, per esempio, nel-
la sua relazione introduttiva,
Marzia Miele, 27 anni, insegnan-
te di filosofia, responsabile fem-
minile della sezione Trastevere.
In certi gruppi
femministi, dice,
esiste il pericolo di una indiscri
minata esaltazione dei cosiddetti
< valori femminili », che posso-
no poi riportare la donna nel suo
ghetto: ricreando ad esempio una
mistica della maternità; negan-
do il linguaggio tradizionale e la
logica come "maschili" in nome
dell'emotività, appunto "femmi-
nile", e, in conclusione, facendo
correre alle donne il rischio di
un ripiegamento su se stesse, in
una dimensione solo esistenziale,
che rifiuti il confronto col mondo
esterno
Ci sono altri distinguo > di cui
è impossibile riferire qui per in-
tero (l'attivo è durato più di quat-
tro ore): ma nemmeno poi tanto
numerosi quanto ci si sarebbe po-
tuto aspettare. Senza dubbio il
Pci, come maggiore partito ope-
raio, è l'interlocutore giusto de
femminismo > ha detto Pasquali-
na Napolitano, della federazione
di Roma; ma certo noi non pen-t
siamo che la classe
ba essere delegata a risolveret
tutti i problemi della società.
Molte tematiche emergono da un
confronto corretto fra diversi.
Sono numerosi i gruppi femmini-
sti che oggi danno importanza al
problema dell'occupazione --no-
stro vecchio cavallo di battaglia si
Quanto a noi, su certi temi ab
biamo fatto delle autocritiche.
Per esempio sulla famiglia: in
cui sempre più si vede che strut-
tura e sovrastruttura sono anno
date, non c'è un prima e un pois.
« Il femminismo è un vero mo-
vimento di massa, e lo conoscia-
mo in modo grossolano > dice Se-
rena. E Daniela: «Abbiamo sen.
tito uno scarto fra le teorie e la
pratica del partito. Non è solo
un ritardo. E' più pericoloso: è
mancanza di sensibilità di fronte
a una grossa realtà storica che
veniva fuori e che solo in seguito
si è tentato di recuperare ». Ag-
giunge Gabriella: «Nel libro, dal
le interviste a Luciano Gruppi
(« Pubblico e privato », n.d.r.) e
a Giovanni Berlinguer (< La riap-
propriazione del corpo > n.d.r.)
emerge che uno dei contributi del
femminismo al Pci è l'aver ri-
chiamato il movimento dei lavo-
ratori a un obbiettivo che non è
sempre presente: vale a dire che
il fine ultimo del socialismo è la
felicità dell'uomo >
Il che, osserva Marzia Miele,
può esser detto anche registran-
do la marcia di sorpasso - ormai
quasi compiuta nel partito - del
termine femminista liberazio-
ne sulla tradizionale «eman-
cipazione », (Su questo binomio,
precisamente, Carla Ravaioli im-
pernia l'introduzione al suo li-
bro). Proprio qui, dice Marzia,
< è il nodo del cambiamento, sti-
molato dalle femministe, ma av-
venuto poi nel Pci in modo pe-
di "liberazione va riferito alla
culiare. A mio parere il concetto
attuale svolta storica del partito
rispetto al tema "democrazia e
socialismo". L' "emancipazione"
è da una dipendenza soprattutto
economica. Oggi, esiste un nesso
assai più profondo tra i due con
Il processo di presa del po-
cetti
tere da parte delle masse popo-
lari non si attua solo attraverso
maggiore controllo e distribuzio-
e delle ricchezze, ma con la pos-
sibilità di incidere: non solo nel
dire "come" produrre, ma "co-
sa" e "perché" produrre. In sen-
so comunista, la strada della
"liberazione" cammina oltre l'
emancipazione da un ruolo su-
balterno, verso la partecipazione
a tutti i livelli. Ciò implica un
mutamento, culturale enorme ».
Anche se con cautela, il Pei
ha aperto ufficialmente al
femminismo un anno fa col di
scorso tenuto da Gerardo Chia-
romonte, a conclusione della VI
conferenza delle donne comuni-
ste di Milano. Ma questo sul pia-
no nazionale. Dietro, nelle realtà
locali, la marcia ha avuto anda-
menti diversi, a volte tortuosi, a
volte anche dolorosi. Molto effet-
to fece ad esempio alla federa-
zione di Roma, l'anno scorso, un
"attivo" con Paolo Bufalini sul-
l'aborto, durante il quale Chiara
Ingrao (figlia del presidente del
la Camera) intervenne, a lungo,
sui sentimenti ». Daniela ricor
da: «Quell'attivo fu forse il mo
mento di maggiore disaggrega-
zione tra le compagne e il verti
ce del partito. In molte ci senti
vamo in contraddizione per esse-
re al tempo stesso donne e mem-
bri di un partito che cura gli in-
teressi della società >.
Serrati, a fiotti, sgorgano temi
e problemi. Dall'« essere donna
nel Pci > (le commissioni femmi-
nili sono spesso dei ghetti, dice
Pasqualina Napolitano alla
doppia militanza », all'esigenza,
che molti sentono, di rovesciare
o almeno integrare la metodolo-
gia
del lavoro politico. In molte
sezioni le donne vogliono trovare
un modo diverso, meno ufficiale
e burocratico, di stare insieme.
In una, addirittura (lo dice Car
la Ravaioli e l'assemblea lo con-
ferma), è sorta la pratica dei
<gruppi d'autocoscienza> (ma-
schili e femminili insieme).
Si parla molto del progetto >
e della proposta di Berlinguer di
utilizzare la crisi perché la so-
cietà faccia un salto di vita qua
litativo. In questo», dice Sere-
na, <alle donne comuniste spetta una parte di grande importanza. non per fare le prime della clas- se, ma proprio perché il femmi- nismo non venga solo recuperato in senso strumentale. le donne si inseriscano nei discorsi sull' economia, gli uomini si occupino di asili nido. così si cambia qua- litativamente, politicamente, cul- turalmente. le donne non c'era- no al recente convegno economi co del cespe. e all'eliseo, al di- battito fra gli intellettuali, era- vamo poche e sparute, era pe- sante». e' tardi, l'assemblea volge al termine. ma più delle conclusioni ufficiali della presidenza, ci sem- brano significativi gli interventi che non a caso in chiusura pro nunciano due uomini, dice son nino: «nel partito noi maschi ab- biamo assunto il problema fem- minile in una chiave solo ridut- tivamente "politica": con le don ne bisognava fare i conti, era un rapporto tra forze. occorre inve. ce recuperare una concezione della politica più ampia, che con tenga anche quella di breve pe- riodo, e che d'altronde è sempre stata nostra: dal momento che esprimiamo il progetto di un' umanità socialmente nuova, che deve ritrovare l'universalità dei rapporti umani e la dimensione privata. non è casuale che il femminismo sia emerso ora>
E Tullio: «E' preoccupante, pe-
rò, che si sia lasciato passare
tanto tempo - almeno tre anni -
prima di discuterne a livello di
sezione. Il femminismo - come
il movimento studentesco e in ge-
nerale quello giovanile ha
tempi suoi particolari. Io mi chie-
do: c'è in poi un certo paterna-
lismo? Pensiamo forse: "lascia-
moli scornare, cosi intanto cre-
scono?". Se è cosi, sbagliamo. E
penso che un eventuale riflusso
del femminismo sarebbe, per il
Pci, una vera sconfitta >>