Primopiano
Il bambino che non c'è
HI SONO i bambini italiani?
E quale rapporto intrat-
tiene con loro la televisio-
dell'annosa questione se guardare
troppo la tv faccia bene o male al
bambini (però, dati alla mano, fa
giustizia del luogo comune che li
vuole utenti massimi. In realtà non è
vero, sono utenti medi anche se più
costanti degli adulti). Indaga invece,
con zelo e passione degni di una
miss Marple, sulla rappresentazione
che ne dà la televisione. La ricerca,
svolta tra il 20 e il 26 febbraio del
1990, analizza la presenza e il ruolo
dei bambini in televisione durante
tutto l'arco della giornata, esami-
nando dieci reti televisive: Raiuno,
Raidue, Raitre, Rete 4, Canale 5. Ita-
MARINA D'AMATO
INFANZIA E PREGIUDIZIO
NUOVA ER
216 PAGINE, 25.000 LIRE
lia I, Odeon Tv, Tmc,
Italia 7. Junior Tv. Ne
risulta che i bambini
sono protagonisti in te
levisione principal
mente grazie agli spot
pubblicitari, e solo secondariamente
attraverso i programmi. Però, men
tre gli spot offrono alla fruizione del-
lo spettatore bambini "veri" che
mangiano, giocano, corrono, parla-
no, insomma fanno il loro mestiere
di bambinis, i programmi rimanda
no perlopiù l'immagine di un'infan-
zia che subisce violenza, che viene
abbandonata, contese. In breve, la
Un interessante studio
di Marina D'Amato sull'infanzia
protagonista
del mondo della televisione
DI IVANA ZOMPARELLI
rappresentazione dell'infanzia, dei
soprusi e dello sgomento. Nell'ecce
zionalità del caso non generalizza
bile, i bambini che vediamo sareb-
bero quindi "finti", quantomeno
non aderenti alla maggioranza. E
sebbene pubblicità e programmi sia-
no rappresentazioni di un quotidia-
no metastorico che ha poco a che
vedere con la realtà, tuttavia è l'im-
magine degli spot quella che più so-
miglia a un bambino reale.
E come nella metafora del film
Chi e Harry Kellerman e perché parla
male di me?, dove si viene a scoprire
che il nemico del protagonista (Du-
stin Hoffman) è proprio il protagoni-
sta medesimo, nel mondo della tv
accorgiamo che ciò che seduce gli
adulti nell'immagine del bambino
che vediamo negli spot non è la fan-
tasia creativa di un bambino vero
ma l'immagine ristoratrice in una
vita deformata da ritmi e stresse di
un bambino felice in cui si identifi
cherebbe il proprio io-infantile or
mai disperso e irritrovabile. Ciò che
Clara Sereni
IL GIOCO
DEI REGNI
attrae e convince e quindi nient'altro
che un'immagine vagheggiata di se
stessi.
Nel prezioso lavoro di indagine di
Marina D'Amato, sulle tracce del te
lebambino, la poetica televisiva vie-
ne smontata in ogni sua parte, per
essere messa a confronto con la
realtà. Al contrario dei bambini degli
spot che nella settimana considerata
dalla ricerca sono 3179, e di quelli
che appaiono nel programmi che so-
no invece 588, i bambini italiani so
no nove milioni seicentoventimila
settanta, esattamente un sesto della
popolazione. E, al contrario di quelli
televisivi, non si vedono. L'infanzia
in quanto categoria sociale, "condi-
lità espressive, è praticamente invisi-
bile, tanto da non essere nemmeno
presa in considerazione come ogget-
to di studio se non nel rapporto con
le istituzioni, l'ambiente, la famiglia.
Categoria di transizione, universo a-
specifico che trova identità solo in
rapporto con quello adulto. Ciò che
e
viene esibita socialmente non è l'at
tenzione all'infanzia, ma una perver-
sa vocazione puerocentrica che la
cultura postmoderna, lungi dal di
smettere, semmai amplifica attra-
verso le suggestioni di un adulto "in-
fantilizzato" e di un infante "adulti
zato
È a quest'infanzia invisibile che
Marina D'Amato conferisce identità,
dotandola di un contesto, rintrac
ciandone la consistenza numerica
(fino a quest'anno nemmeno l'Istat,
l'istituto più grande e autorevole che
nel nostro paese si occupa di "misu-
razioni statistiche", prendeva in con-
siderazione l'infanzia come catego-
ria autonoma), analizzando natalità,
mortalità, presenza nelle regioni, ne-
gli asili nido, nelle scuole, nello
sport, nella lettura (Gli adulti la-
mentano che i bambini leggono po
co ma, a guardare i dati, si scopre
che probabilmente non fanno altro
che proiettare sul mondo infantile
una colpa che riguarda semmai pro-
prio loro. I bambini leggono, e in
media leggono molto più della me-
dia stessa), nella televisione,
e, in rap
porto all'uso del dialetto, della lin
gua italiana e di quella straniera, al
pericolo sempre in agguato fuori e
dentro di sé, alle malattie. Ne emer-
ge un ritratto quantificato, un Chie?
dei bambini italiani nella loro nor-
malità.
Una lettura avvincente e uno
strumento indispensabile.
NARRATORI GIUNTI
Clara
Sereni
IL GIOCO DEI REGNI
Passioni e ideali
di questo secolo
nel romanzo di una
famiglia straordinaria.
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