Vi racconto il mio baby boom
colloquio con Susan Sarandon
«So che sembra un'affermazione melodrammatica, ma avere i
miei figli è stato per me ricominciare a vivere, e in un modo deci-
samente migliore», dice senza esitazione Susan Sarandon, attrice,
attivista politica e madre. «E' profondamente vero. Posso sempre
avere una carriera, ma non è stato nel cinema, è stato nella vita,
nell'essere madre, il mio ruolo migliore».
A 45 anni meno pochi mesi, Susan Sarandon ha scelto nuova-
mente, per la terza volta, la strada della maternità. L'attrice ha
una figlia, Eva, di sette anni, dal suo rapporto con il regista ita-
liano Franco Amurri, e un maschietto di tre anni, Jack Henry,
avuto dal suo attuale compagno, l'attore regista Tim Robbins.
Ora è incinta del terzo figlio, atteso per l'inizio dell'estate. Que-
st'ultima non è una gravidanza facile come le precedenti, ma l'at-
trice non ha mai un ripensamento. «Non avevo pianificato l'arrivo
di Eva», ricorda, «ma quando è nata mi ha dato una nuova ragio-
ne per lavorare. Avevo superato le mie crisi di identità dei 30 an-
ni, avevo imparato il mestiere abbastanza da sentirmi pronta per
un ruolo importante. Non ho nemmeno avuto paura delle conse-
guenze che avrebbe portato alla mia carriera, e ora che sono ma-
dre da sette anni ne ho ancora di meno. Anzi, comincio a sentire
sempre più il bisogno di stare vicina ai miei figli, anche durante la
gravidanza. Con Eva ho lavorato fino al terzo mese, poi ho smes-
so. Con Jack Henry non ero riuscita a trovare nulla che mi inte-
ressasse prima che si vedesse il pancione. Questa volta ho lavora-
to nei primissimi mesi, girando accanto a Nick Nolte il film "Lo-
renzo's Oil", la storia di una coppia alla disperata ricerca di una
medicina che salvi il figlio affetto da una rara malattia genetica.
Ma è stata una gran fatica, non vedevo l'ora di smettere e ripo-
sarmi».
Tre anni fa Susan Sarandon aveva avuto il
coraggio che poche attrici nelle sue condizioni
avrebbero avuto, quello di prendersi 18 mesi di
assenza dai set per la gravidanza e l'allatta-
mento di Jack Henry immediatamente dopo
l'enorme successo - il suo primo in quasi dieci
anni - di "Bull Durham", la commedia sul ba-
sostegni organizzativi o economici. Ogni
nuovo bambino ha un valore individuale ed
uno collettivo: negli ultimi vent'anni Ita-
lia è molto aumentato il valore individuale,
ma si è completamente perso il valore col-
lettivo della nascita». E quello che dice Go-
lini è ben raffigurato dai dati del grafico che
pubblichiamo a pag. 81.
he le italiane, anzi gli italiani, attri-
pater-
seball in cui recitava accanto a Kevin Costner.
Essere stata per vari anni una "single mother" non è stato per
la Sarandon una scelta filosofica o "di moda". «Per carità», dice.
«Le donne oggi hanno figli per tanti motivi diversi, e io credo che
il baby boom legli anni Novanta non sia stato causato da donne
che volevano stare per conto loro, scegliendo la maternità da sole
perché avevano una voglia disperata di aver figli. Spesso i genito-
ri sono due persone che si vogliono molto bene ma vivono sotto
tetti diversi. Personalmente sono convinta che sia molto impor-
tante per un bambino avere intorno una figura maschile. Ma cer-
tamente non è insolito che un bambino venga allevato soprattutto
dalla madre. Sono tempi difficili, questi, per i rapporti fra uomini
e donne. Gli uomini hanno difficoltà con donne sempre più com-
plesse. E le donne sono state allevate aspettandosi tutto dagli uo-
mini, cosa non giusta. Gli uomini che io conosco si stanno sfor-
zando molto per adattarsi ai cambiamenti».
Susan Sarandon, che vive con Tim Robbins e i due figli in un
modesto loft di due camere da letto più salone nel Greenwich Vil-
lage di New York, rifiutando, a differenza della maggior parte
degli altri attori e attrici, il richiamo di Hollywood, non prende la
maternità a cuor leggero. Avere figli significa per lei anche una
grande responsabilità. «Sta a noi genitori insegnargli le cose più
importanti nella vita», dice. «E per me la più importante è fargli
capire che hanno la responsabilità di cambiare le cose, di far sen-
tire la loro voce. Li incoraggerò a scrivere lettere al direttore, a
protestare, a non accettare a occhi chiusi quello che leggono sui
giornali o quello che dice il Presidente. Trovo ironico che lo venga
chiamata "anti americana" solo perché esercito esattamente
quelle qualità che rendono l'America così speciale e diversa da
tutti gli altri Paesi. Da quando ha cinque anni,
ogni volta che sente parlare a tavola di quello
che succede nel mondo, Eva chiede subito:
"Questo significa che andremo a un'altra mar-
cia a Washington?". E mi piace moltissimo che
mi faccia questa domanda!».
SILVIA BIZIO
Chiscan elewa na pointe como
anche da una recente indagine condotta
sempre dall'Istituto di ricerche sulla popo-
lazione, pubblicata ora da La Nuova Italia
nel volume "Crescita zero" curato dalla
demografa Rossella Palomba. «Abbiamo
indagato il comportamento e le scelte ri-
produttive degli italiani, interrogandoli sui
maternità e alla paternitás, racconta Ros-
sella Palomba. «Abbiamo scoperto in pri-
mo luogo che non esistono sostanziali dif-
ferenze tra gli uomini e le donne: avere un Susan Sarandon
figlio ha un alto significato per tutti. E ciò
contraddice anche tutte le correnti di opi-
nione secondo le quali nelle società indu-
strializzate si sarebbe perso il valore del fi-
glio. Gli italiani non sembrano affatto d'ac-
cordo. Mentre in altri paesi europei indagi-
ni analoghe alla nostra hanno evidenziato
questo aspetto, ponendo l'avere altri figli in
contraddizione con altre forme di realizza-
zione, per noi il figlio rappresenta innanzi
tutto un legame d'amore. Non è strumento
di realizzazione di sé, non è un sostegno
possibile per la vecchiaia, non è un elemen-
to di rassicurazione esistenziale».
La Palomba, forse, ci ha fornito la qua-
dratura del cerchio. Visto come legame d'a-
more "per sempre", un solo figlio è infatti
sufficiente a soddisfare il desiderio di ma-
ternità, a creare una relazione duratura. Gli
italiani non vogliono rinunciare all'espe-
rienza di avere figli: vogliono semmai ridi-
mensionarne il numero per poter essere più
di prima “bravi genitori". Per poter insom-
ma amare di più.
L'Espresso 1 MARZO 1992
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