Perchè questo è il tratto saliente, memorabile, della sua vi-
cenda e conclusiva; di essere anzitutto ritornato nel giu.
no scena politica col del Cam-
incapace di quegli stessi più volgari accorgimenti che ai meri
profittatori non difettano mai.
pidoglio, discorso che era stato richiesto, non imposto da Scor-
za, quando già la dissoluzione interna del fascismo era in atto,
manifesta, e imposizioni a uomini come Gentile non erano
neppure immaginabili: una richiesta che l'ultimo opportunista
avrebbe declinato senza pensarci su due volte, riconoscendola
intempestiva e tanto inutile quanto rischiosa, e alla quale inve-
ce lui, Gentile, si presto volentieri. E non perche l'obbligasse
una disciplina intima, o la fede del fascismo, ma per un calco
lo, e cioè un errore di giudizio sulla situazione di quel momen-
to enorme e quasi incredibile. Il suo ottimismo e opportuni
smo sistematico infatti lo portavano ad illudersi che ancora la
partita fosse da giocare, che la guerra non fosse, come tutti or
mai vedevano chiaramente, decisa; inoltre, e questo è il punto,
s'illudeva che stesse per giungere, per tornare anzi, e magari
fosse tornato già il
momento suo, di richiamare tutti gli italiani
alla concordia di fronte allo straniero, tutti i cosiddetti italiani
di buon senso e buona volontà, esclusi cioè soltanto i pochi fa
cinorosi e faziosi irreducibili, che, del resto, che peso avevano
mai avuto? Un bell'abbraccio insomma del fascismo con le for
ze dell'ordine e della tradizione, con la monarchia e la chiesa e
la destra storica e l'esercito e il Piave e Vittorio Veneto, al di là
di ogni malinteso, proprio come nel 1922. Incredibile ma vero,
questo era il calcolo e il proposito di Gentile, dell'uomo alieno
da ogni rigidezza dogmatica, assuefatto a prendere le cose per
il loro verso, realista insomma tanto da non aver nulla compre-
so della realtà nuova che gli stava di fronte, enorme: nonché vi-
sibile, schiacciante.
La realtà era, come è d'una guerra non più soltanto di na-
zioni e di impeti, di irredentismi e di necessità economiche,
ma insieme religiosa e civile, guerra rivoluzionaria. E in Italia,
dove pure si era, e in parte ancora si è, lontani da un attivo e
ampiamente diffuso fermento rivoluzionario, questa realtà
della guerra cta per contro evidentissima più che in ogni altro
paese: che cioe il fascismo nella sua corruzione e consunzione
aveva finito col recidere ed esaurire anche le fibre tenaci del na-
zionalismo (onde la disorganizzazione e l'inefficienza delle
forze armate: organizzazione tecnica non si dà, senza un mito
o una
le, come in Russia) e col proporre alla nazione come la
posta vera e decisiva della lotta la conservazione o meno di esso
fascismo (onde, per il discredito di questo, la ripugnanza in-
vincibile a una vittoria cosi condizionata, e, data l'immaturità
tivoluzionaria prevalente, il ripiego d'una inerte rassegnata at-
tesa degli eventi con una accentuata simpatia per le forze cosid.
dette nemiche e una avversione per i cosiddetti alleati, crescen-
te quanto più probabile e poi certa appariva la loro inferiorita).
Se c'era insomma paese in cui l'embrassons-nous e l'union
Sacrée fossero nello scorso giugno, nonchè irrealizzabili, incon- 1944)
s'imbarchino con lui contro corrente, vadano con lui
nell'abisso, gestendo e vociando quasi muovessero a una glo-
riosa gesta. Era in questa figurazione ultima di Gentile una
meschinità rivoltante a confronto dell'originaria statura
dell'uomo, come per l'appunto del giocatore abbandonato
dalla sorte e ostinato al gioco e alla speranza del successo. Nel
quale non è la rinuncia del suicida che, per quanto ingiustifica-
decisione sofferta e suscita pietà e non esclude grandezza. Altra
è stata la fine di Gentic Scparato e suo malgra-
la morte gli è stata
propizia, lo
do, lo ha comunque involto finalmente in quella realtà di cruc-
ci e di sangue, in questa orrenda ma necessaria, espiatrice tra-
gedia dell'Italia, che dalla vila presuntuosa del suo passato ap-
pena risorge, ma pur sorge, a un avvenire di uomini liberi, re-
sponsabilmente e pensatamente operosi.
Carol Botri
(Nuovi Quaderni di Giustizia e libertà, n. 1, maggio-gingno
pag. 26
L’INDICE
DEI LIBRI DEL MESE
cepibili, era appunto l'Italia. Ci voleva il realista Gentile per
levare in quel tono la sua voce, clamantis in deserto.
[...]. Non mancava più a Gentile che il risvegliarsi l'8 set-
tembre come da un angoscioso dormiveglia di fronte a quello
che per tutti era-divergenze e riserve particolari non contano
- la soluzione ovvia, attesa e inevitabile, della crisi italiana. E
risvegliarsi una volta di più con l'impulsiva presunzione della
propria attitudine a fare e rimediare senza travaglio di dubbi,
senza indugio di riflessione e di ricerca. Presunzione tanto più
impulsiva quanto più esasperata dagli insuccessi e dalle smen-
tite. Come accade al giocatore che rischia tanto più cocciuta
mente quanto più la fortuna gli si dimostra avversa, e insiste
nel medesimo giuoco, quasi fosse, quella sua coerenza, una
consequenzialità logica destinata presto o tardi al successo
Ma se di rado la sorte e l'errore sono senza appello, esiste
anche un limite, poichè la vita umana non è indefinita, oltre il
quale definitiva è la condanna. Gentile che assume la presi-
denza dell'Accademia ed è solo a congiungere in Italia un no
me per qualche rispetto autorevole e onesto alla brigata spanuta
e infame dei superstiti fascisti, Gentile che sul Corriere della
Seras continua imperterrito a predicare la concordia fra le pat-
ti, come si trattasse di una divergenza d'opinioni su problemi
intern lieve entità, e a un popolo straziato e sfinito racco
loro o colui che in vent'anni di gestione dispotica, incontrolla-
manda tolleranza, anzi ingenua e riconoscente fiducia per co-
ta ha trionfalmente condotto quel popolo a rovina, e nel di-
che di pensieri non è più questione, alla volgarità rozza e di-
scorso inaugurale di Firenze concede anche nella forma stessa
sperata della propaganda fascista, e nel fango di questa vuole
intrisa la cultura italiana, questo Gentile ha firmato ormai la
sua condanna. Nel volto gli si legge soltanto più la foga anima-
le dell'uomo, sordo a ogni monito altrui nonche della sua co-
scienza stessa, che di fronte all'evidenza massiccia delle colpe,
degli errori commessi in passato, s'affanna a ripeterli e non si
N. 9
IN TASCA UN QUOTIDIANO
SENZA VERITÁ IN TASCA
il manifesto
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