Raw War

Bruce Nauman
Nato a Fort Wayne, USA , nel 1941.
Vive e lavora nel New Mexico, USA .

È noto che la pratica artistica di Bruce Nauman è iniziata con una semplice domanda – Che fare? – e si è sviluppata dalla successiva presa di coscienza che qualunque cosa l’artista faccia nel proprio studio debba essere arte. Dopo essersi specializzato in belle arti alla University of California, a Davis, e aver affittato uno studio a San Francisco, Nauman ha intrapreso una serie di azioni che stanno all’incrocio fra performance e arte concettuale. Massaggiandosi le cosce, misurandosi un lato del corpo, manipolando oggetti e arredi, o restando in piedi, seduto, chinato in diverse posizioni, l’artista rappresenta, con ciascuna attività, un autoesame fisico e psichico, e un’indagine della sua interazione con lo spazio dello studio e all’interno di esso. Le azioni dell’artista sono state documentate con foto e video, spesso adottando un’estetica grezza, “de-qualificata”, in bianco e nero. Le immagini risultanti sono al contempo archivio e oggetti d’arte, e conservano elementi di natura performativa eppure intrinsecamente solitari. Un secondo filone dell’opera di Nauman riflette il suo interesse per il linguaggio: fa largo uso di giochi di parole, doppi sensi e modi di dire. In Eleven Color Photographs (1966-1967), una delle sue prime serie fotografiche, mise fisicamente in scena espressioni popolari come “Avere i piedi di argilla” o “Mangiarsi le parole”. In seguito, Nauman utilizzò dei tubi al neon per formare parole, come RAW-WAR (1971), EAT/DEATH (1972), o LIFE, DEATH, LOVE, HATE, PLEASURE, PAIN (1983), illuminandole e sovrapponendole a colori alternati. La serie di questi lavori invita a concentrarsi sulla materialità dei tubi al neon (che al tempo erano più comunemente utilizzati nelle applicazioni industriali o commerciali), oltre che sulla materialità del linguaggio stesso. World Peace (Projected) e World Peace (Revealed), entrambe del 1996, portavano avanti l’interesse di Nauman per il linguaggio corporeo e i codici all’interno del dialogo e dei gesti. Nella prima di queste due installazioni, i video proiettati mostrano visi o busti di diverse persone che parlano, le cui voci costituiscono la colonna sonora: “Ti parlo. Mi ascolti. Mi parli. Ti ascolto”. Usando spostamenti grammaticali, le opere ci costringono a considerare la nostra relazione verso ciascun oratore e verso gli altri osservatori nella galleria.