Isa Genzken
Nata a Bad Oldesloe, Germania, nel 1948.
Vive e lavora a Berlino, Germania.
Isa Genzken è diventata maggiorenne nella Germania del dopoguerra. Le sue esperienze d’infanzia nelle aree di sviluppo urbano all’epoca della ricostruzione e del consumismo emergente ne hanno plasmato la produzione artistica fin dall’inizio della carriera, nei primi anni settanta. Per tutti gli anni settanta e ottanta Genzken ha vissuto e lavorato entro la vivace scena artistica della Renania, dove ha studiato – e in seguito insegnato – alla Kunstakademie Dusseldorf. Sebbene la sua produzione degli anni ottanta e novanta continui a riflettere le correnti europee e americane del minimalismo e dell’arte concettuale, le sue opere più recenti si vanno sempre più distaccando dall’influenza altrui e stanno ridefinendo la tecnica artistica dell’assemblaggio per un’intera generazione di artisti più giovani. Le caratteristiche sculture di Genzken, pur nella loro varietà formale, richiamano alla memoria la narrativa cinematografica e il realismo fotografico. Le sue opere catturano costantemente lo sguardo dello spettatore e spesso comprendono oggetti di uso quotidiano. Le prospettive estreme e le dimensioni distorte, d’altro canto, rivelano l’influenza di Manhattan nell’immaginario dell’artista.
Negli ultimi decenni Genzken ha creato molte opere per esterni, e presenta diversi di questi lavori in Realized and Unrealized Outdoor Projects alla Biennale di Venezia. A volte, per le sue opere, si è avvalsa di edifici esistenti come supporto, come per esempio per Ohr (2002) e Rose II (2007-2008). Le altre realizzazioni, fra le quali Atelierfenster (1999), simboleggiano la strategia tipica dell’artista di isolare e decontestualizzare le forme architettoniche. Mentre i suoi modelli in scala si fanno notare per la loro monumentalità, le sculture in dimensioni reali colpiscono ugualmente, ma per la loro delicatezza. Dal 1988 Genzken realizza grandi sculture di fiori. Ai Giardini presenta Orchideen (2015), la scultura di due monumentali orchidee. Ingigantendo i fiori a proporzioni architettoniche, corregge quello che considera il grande errore della Bauhaus, ovvero che il suo “formalismo disdegnava la bellezza dei fiori”.