Questo dipinto è la seconda versione, lasciata incompiuta da Pellizza da Volpedo e completata dal pittore Angelo Barabino, di un’altra tela, per lungo tempo ritenuta perduta e ricomparsa ad un’asta (Londra, Sotheby’s, 1980) dopo essere stata conservata in una collezione privata inglese per circa quaranta anni.
Idillio primaverile (1896-1901) ─ questo il titolo dell’opera originale ─ era stato concepito come primo di una serie di Idilli sul tema dell’amore: tale immagine doveva rappresentare una metafora della vita, che sboccia e ritorna a fluire nel paesaggio primaverile.
Questo girotondo di bambini venne esposto alla Biennale di Venezia del 1903 dove malgrado le critiche discordanti ebbe un notevole successo di pubblico, fino a quando fu venduto a Roma nel 1906 ad un negoziante di Amsterdam. Fu forse per questa fortuna di immagine che Pellizza stesso pensò di replicare l’Idillio primaverile riprendendo la velina col disegno di partenza, ma pensando probabilmente di inserirvi delle varianti, diversamente da quanto farà il Barabino, che terminerà la replica attenendosi strettamente al disegno del pittore di Volpedo.
Per l’impianto compositivo l’artista si era ispirato ad una fortunata opera del Seicento, la Danza degli Amorini di Francesco Albani, conservata a Milano presso la Pinacoteca di Brera, calando però la scena nella realtà naturale di Volpedo, e precisamente nei prati adiacenti la sua dimora di famiglia.
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