Nelle Réflexions, pubblicate nel 1824, quando aveva ventotto anni, l’ingegnere militare Nicolas Léonard Sadi Carnot (1796-1832) gettò le basi della disciplina che sarebbe in seguito divenuta nota come “termodinamica”. La breve opera di Carnot è dedicata all’analisi del rendimento di una macchina a vapore, esemplificata come un sistema meccanico che, per creare “potenza motrice”, sfrutta il passaggio di “fluido calorico” da un serbatoio caldo a uno freddo. L’opera contiene anche la prima (di tante) formulazioni di quello che diverrà in seguito noto come secondo principio della termodinamica. In particolare, secondo Carnot, il rendimento di un qualsiasi motore reale non può mai essere pari al 100%. Vale a dire che non è realizzabile alcun motore perfettamente reversibile, in grado di trasformare in “potenza motrice” tutto il “fluido calorico” trasferito dal serbatoio caldo al serbatoio freddo.
La tavola fuori testo illustra l’elementare macchina termica presa in considerazione da Carnot per sviluppare le proprie dimostrazioni: un cilindro a pistone. Si tratta di un recipiente pieno di gas o vapore il cui volume variabile dipende dalla posizione del pistone. La figura 1, in particolare, mostra il dispositivo in relazione ai due serbatoi più caldo A e più freddo B.