In quest’opera si dimostra quanto l’artista si possa allontanare dalla figuratività, scegliendo di dipingere un semplice muro, quasi piastrellato di presenze scure. Tuttavia, in ognuno dei rettangoli o dei quadrati esposti c’è una variazione che lo rende unico rispetto a tutti gli altri. Una traccia, un’incisione, un riflesso che segmenta il buio e si contrappone alla gabbia reticolare in cui sembriamo prigionieri. Così, l’intensità della pittura di Pizzi Cannella prevale, disegnando microcosmi laddove in apparenza c’era soltanto una superficie sorda. Come accade a tutti i maestri del cesello, una musica di fondo sembra alzarsi nel momento della rappresentazione, regalando grazia all’opera appena terminata.