Leombruno è personaggio importante, ma dai confini ambigui. Non tanto nella vita, che conosciamo nei suoi tratti principali, quanto per gli esiti della sua arte, che il destino volle fosse sospesa nella corte gonzaghesca di Mantova tra i capolavori del Mantegna e quelli di Giulio Romano. Così, Lorenzo Leombruno, il più importante autore rinascimentale ad essere nato davvero nella città virgiliana, lasciò dietro di sé una serie di opere spesso difficili da classificare e da situare. In realtà, egli più che dal Mantegna colse suggestioni dal Perugino o da Lorenzo Costa il Vecchio, donando ai propri dipinti una grazia che è eco della vita squisita che si conduceva intorno alla figura di Isabella d’Este, moglie di Francesco Gonzaga. Così, molte opere attribuite a Leombruno nel corso del tempo sono state espunte dal suo catalogo sempre più esiguo, che ormai presenta caratteristiche assai labili. Il San Girolamo qui presente sarebbe uno dei pochi dipinti davvero ultimati dal mantovano, anche per la presenza di una firma e per la solidità della composizione generale, situabile in anni cinquecenteschi. Un San Girolamo dalle braccia possenti osserva con intensità e passione il crocifisso nella sua mano, che sembra quasi piantato nel libro delle Antiche Scritture, vergato in caratteri ebraici e che presenta sul filo delle pagine la scritta: “LAV. LEOMBRUNUS MANTUANUS”. Un’arte efficace ed intermedia tra le molte presenze padane vicine, tra cui anche quella di Dosso Dossi. Un punto di partenza fondamentale per raccontare con spirito nuovo la personalità di un pittore dall’indubbio talento e dalle molte frequentazioni.