Tipico dell’ingegno dell’Alberti è, come accadrà in tempi completamente mutati anche a Giulio Romano, lo slittamento del significato dei diversi particolari, pur uniti in un superiore equilibrio, che da citazioni dell’antichità si trasformano in evidenze costruttive moderne.
Da notare che il campanile tardogotico, iniziato nel 1413, costituì un limite oggettivo nella fabbrica della nuova chiesa. Eppure non venne abbattuto, anzi in un certo senso fu inglobato nel piano generale della nuova visione.
Le forme attuali sono frutto degli ordini dell’Alberti o sono derivate dai compromessi in corso d’opera? Difficile rispondere in modo perentorio. È d’altra parte notevole quanto l’aspetto complessivo di questa vasta basilica, all’interno di una piccola piazza, debba al clima artistico mantovano, dominato in quell’epoca dal magistero di Andrea Mantegna. Dobbiamo sottolineare infine che la facciata era un tempo completamente colorata, come denunciano le tracce d’affresco ritrovate sulla breve parte del fianco destro attualmente visibile. L’impatto cromatico doveva essere molto forte: lo deduciamo da un quadro del secondo Settecento che ci mostra la chiesa come forse era in origine, e come ci suggeriscono gli studi sulle tinte ancora rintracciabili.