I numerosi autoritratti di Ligabue, nella loro ossessiva ripresa, costituiscono un vero e proprio diario di una storia personale registrata fra emozioni diverse, dominate però da una costante inquietudine esistenziale e da una follia latente che richiamano alla mente Vincent van Gogh e il suo stile. L'autoritratto nella collezione Ricci risale alla fine degli anni cinquanta del Novecento. In esso l'artista, noto per il suo carattere selvaggio, si rappresenta in primo piano, con una camicia bianca a righe blu dal collo alto e aperto che incornicia un volto deformato e smagrito, caratterizzato dalle profonde lesioni che egli stesso si provocava con pratiche di automutilazione sacrificale. Lo sguardo è inquieto e nervoso. Il paesaggio di campagna alle sue spalle accentua l'isolamento della figura tramite la rappresentazione di alcuni elementi 'soli': l'albero, lo spaventapasseri e il corvo stilizzato in volo, unico dettaglio in movimento.