Protagonista, accanto a Gianni Dessì, Bruno Ceccobelli, Domenico Bianchi, Piero Pizzi Cannella, Nunzio e Giuseppe Gallo, della Nuova Scuola Romana, detta anche Gruppo di San Lorenzo, Tirelli porta avanti la sua personale ricerca artistica indagando gli oggetti geometrici e la loro disposizione nello spazio, nella sua trasformazione dall’unidimensionalità alla tridimensionalità. Il ‘fare pittura’ di Marco Tirelli, che volutamente sceglie la tela come supporto della sua meditazione artistica, si traduce qui nell’emergere dalla profondità seducente del nero di una sfera geometrica, che ha la pretesa di strutturare uno spazio architettonico in maniera illusionistica. L’elemento geometrico sferico, che campeggia al centro del dipinto, diviene così un emblema, formalmente immanente, che allude ad una dimensione spirituale, ricca di magia e sensualità. È un’arte che si emancipa dalla dipendenza da un contenuto ma che ha una forte qualità intrinseca, che pare debitrice del saper fare rinascimentale. Testo di Michela de Riso