Quando parliamo della Cina, in particolare nell’ultimo decennio, tendiamo a focalizzare l’attenzione su come il Paese abbia affrontato la massiccia urbanizzazione, senza guardare al mondo rurale che questo processo si è lasciato alle spalle. Quando il governo cinese ha deciso di urbanizzare entro il 2030 metà dei settecento milioni di residenti nelle zone rurali, Rural Urban Framework (RUF) ha cominciato a studiare come migliorare la qualità delle aree edificate per tutti coloro che non avrebbero partecipato all’urbanizzazione. Il lavoro di RUF ridefinisce il concetto di qualità nel contesto rurale collegandolo con lo sviluppo della manodopera qualificata.
In contrasto con le città, dove il corporativismo industriale è una forza trainante globale, nel mondo rurale i legami con le tradizioni costruttive, l’artigianato e le aziende a conduzione familiare sono più evidenti. Senza cadere nella tentazione, comune ad altri architetti, di realizzare in Cina progetti che non sarebbero possibili in altri Paesi, RUF recupera l’eredità rurale e locale come fonte di originalità e pertinenza.
L’esempio presentato da RUF alla Biennale rivela un nuovo aspetto della transizione ruraleurbana in Mongolia. Attratti dalla promessa di condizioni di vita migliori, migliaia di pastori nomadi sono migrati nella capitale Ulan Bator, costruendo insediamenti permanenti con tende e reticolati, ma senza poter accedere ai servizi fondamentali solitamente disponibili nelle città. Questo esempio non solo palesa i conflitti dell’urbanizzazione, ma incarna la contrapposizione tra lo stile di vita nomade e quello sedentario. Il progetto di RUF analizza come utilizzare l’architettura incrementale per non sradicare i modelli di vita nomade e incanalarne invece l’energia in abitazioni permanenti.
Design: ti interessa?
Ricevi aggiornamenti con il tuo Culture Weekly personalizzato
Ecco fatto
Il tuo primo Culture Weekly arriverà questa settimana.