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Sociologia e la critica d'arte, Oggetto 5

Carla Lonzi13 dicembre 1963 - [1970]

La Galleria Nazionale

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Roma, Italy

Sulla polemica relativa al XII Convegno internazionale di artisti, critici e studiosi d'arte tenutosi a Verucchio nel 1963: copie dell'«Avanati!» con l'articolo di Carla Lonzi La solitudine del critico (13 dicembre 1963, p. 3) e risposta alle polemiche di Argan (Un dibattito di idee, «Avanati!», 4 gennaio 1964, p. 3). Presente lettera di Nicola Badalucco per una eventuale collaborazione con l'«Avanati!».
Fotocopia dell'articolo La critica è potere, «Nac», dicembre 1970, pp. 5-6; dattiloscritto acefalo di testo sul ruolo del critico militante, appunto sulla sociologia nell'arte e bibliografia che testimonia l'interesse per l'argomento sin dagli anni '50.

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  • Title: Sociologia e la critica d'arte, Oggetto 5
  • Creator: Lonzi Carla
  • Date Created: 13 dicembre 1963 - [1970]
  • Transcript:
    viduo, finalmente libero dall'imperativo di adeguarsi a formule precostituite e a mo- delli etici dettati da necessità sociali, ha tutte le condizioni per accettare come verità quella che scaturisce dagli impulsi spontanei della propria costituzione. La crociata per le idee, qualsiasi sia il loro contenuto, sono finite: "Non si tratta di predicare la verità" ha scritto un grande saggio del nostro tempo- "ma di vivere la ve- rità in anticipo sui propri simili. E ciò è possibile soltanto se la verità è un'au- tentica verità, e non una verità confezionata, cucinata, pianificata, propagandata. La verità deve essere un pezzo di noi stessi come le nostre gambe e il nostro cervel- 10-o il nostro fegato. Non mancate neppure di vivere una verità che non sia affine a voi stessi: essa si rasformerà subito in una menzogna peggiore a sopportarsi che non quella organicamente sviluppatasi negli espedienti del vivere sociale". A poco a po- co-mi si è creata la convinzione che, di tutti i sistemi linguistici,-quelli plastici costituiscano in qualche modo la sede naturale dove tale operazione di verità sta raggiungendo oggi il massimo di concretezza. E questa è la ragione per cui, da una ge nerica inclinazione alle arti figurative, mi sono trovata strettamente partecipe degli sviluppi in corso nell'arte moderna.-E dovendo ipoteticamente rispondere a una di quel le domande tremende che pongono di solito la 1.V. i rotocalchi, dove si può fare un solo nome, farei quello di Marcel Duchamp, per aver portato tale operazione di veri- tà a un'evidenza di stato di grazia dalla quale non è possibile recedere. Così mi ap- pare sostanziale che un critico d'arte svolga la propria attività indicando quelle realizzazioni artistiche che si presentino come elaborazione di tecniche di vita con le quali l'uomo dà prova di reagire in modo non nevrotico alla caduta dei miti socia- li, delle contrapposizioni di culture, di frontiere, di tradizioni, a quella che mi sembra giusto chiamare la sua nuova dimensione cosmica. Un'esperienza di vita in qual- che modo parallela a quella presa di possesso della libertà che determina-le opere d'arte a noi contemporanee, diventa per il critico l'unico mezzo per stabilire un contatto con esse, posto che nessuna garanzia professionale è in grado di introdurre da sola alla loro comprensione. Il critico, come l'artista, non può pretendere ad al- cun riconoscimento di rappresentanza in anticipo: come per la pittura, cosi per la cri tica non esiste più la categoria operativa nella quale insediarsi conseguentemente agi re. La fortuna del critico-militante appare ormai interamente affidata alle risorse di un ambito di una vicenda personali di sforzo e di penetrazione in vista di una verità personale da raggiungere. e Carla Lonzi
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