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Soggiorno a Parigi, Oggetto 77

Carla Lonzimarzo 1952 - maggio 1954

La Galleria Nazionale

La Galleria Nazionale
Roma, Italy

Tra gli altri, figura la cospicua documentazione relativa al Théâtre national populaire (TNP) inviata, anche solo in parte, in busta ad Anna Franceschini, ed il saggio sul teatro francese. Presente ritaglio stampa sulla mostra di Vuillard presso la galleria Hector Brame, con appunti; note circa i capolavori della collezione Van Beuningen in mostra al Petit Palais; articolo riguardante la mostra Depuis Bonnard tenutasi presso il Museo d'arte moderna; quaderno con appunti integrati e corretti delle note prese alle lezioni presso l'Amphithéâtre Richelieu Sorbonne ed una piccola agenda nella quale, tra l'altro, sono segnate varie attività culturali. Presenti «Le figaro spectacles» e «Paris Match»..

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  • Title: Soggiorno a Parigi, Oggetto 77
  • Creator: Lonzi Carla
  • Date Created: marzo 1952 - maggio 1954
  • Transcript:
    ER ogni tipo di festival è forse co- minciato il declino. La rapidità del e l'abbondanza delle notizie, riducono sensibilmente la novità dei loro pro grammi; e manifestazioni nate sotto il segno della internazionalità diventano a poco a poco rassegne locali. Ciò è vero soprattutto per quanto riguarda il teatro. Anche in passato, il festival in- ternazionale organizzato dalla Bienna- le ebbe un suo carattere particolare. Ossia, pur facendo posto a commedie nuove e a nuovi allestimenti italiani, tenne sempre d'occhio l'importazione di spettacoli stranieri già collaudati nei loro paesi di origine. Le compagnie francesi, tedesche e spagnole via via in- vitate, meglio che per essere sottoposte a un nuovo giudizio, trovavano acco- glienza nei programmi del festival quasi in segno di omaggio Questo carattere tende ad accentuar si, nessuna nuova commedia italiana figura nel calendario di quest'anno. E nasce il dubbio che ci si voglia incam- minare per gradi sulla strada delle rappresentazioni culturali o rievocati- ve, di cui nessuno intende disconosce- re l'importanza, ma che tolgono al fe- stival uno dei suoi aspetti più pungen- ti: l'attrattiva dell'imprevisto. Oltre a ciò, questa volta la Bien- nale si è allontanata dal criterio di im- primere ai suoi spettacoli il marchio dell'esclusiva. Si è accolto nel pro gramma il « Teatro dei gobbi di Ro- ma con la rivista da camera Carnet de notes, già largamente rappresentata durante l'anno. E si è consentito che il Cid di Corneille trasmigrasse nella stessa settimana a Vicenza e a Milano. C'erano dunque molte ragioni per- ché la serata inaugurale della Fenice apparisse meno splendente degli anni passati. Certi gruppi di spettatori, anzi che venire a Venezia, forse aspettavano Corneille in casa loro. Eppure nessun teatro era adatto a far risaltare con al- trettanta evidenza l'indirizzo e il con- cetto interpretativo del «Théâtre Na- tional Populaire ». Contro il fasto e lo sfolgorio della sala stavano la cupa uni formità della scena ideata da Léon Gi- schia e la povertà degli arredi. E su quello sfondo anche l'abbondanza dei costumi storici acquistava una asciut- tezza che pareva semplificarli La polemica iniziata circa un anno fa da Jean Vilar con la fondazione del «Théatre Populaire» sovvenzionato dal lo Stato, e l'apertura del Palais de Chaillot a duemila persone che ogni giorno possono ascoltare Molière, Cor- neille, De Musset, Brecht o Von Kleist pagando in media cinquecento franchi, proprio a Venezia poteva manifestarsi più accesa che altrove. Tale nella sostanza, essa è sfuggita alla maggioranza degli spettatori. La loro attesa, uomini e donne, era soprat- tutto per Gérard Philipe: l'attor gio- vane oggi più favorito, cui giova an- che la contesa tra cinema e teatro. Il successo ch'egli ha ottenuto è stato entusiasmante, e a giustificarlo non basta la bravura. Philipe è un inter- prete eccellente, ma è anche un avve- duto amministratore del proprio fasci- no: un dono che è di pochi. Tuttavia l'esito di questa edizione del Cid non può essere ascritto soltan- to a lui. Vi concorrono altri dieci at- tori, a cominciare da Françoise Spira che si cimenta in una parte che par- ve ingrata alla stessa Rachel. Vi con- corre, e in somma misura, Jean Vilar che ai più avveduti si rivela come l'a- nima dello spettacolo. Quel suo Re sapientemente malinonico, la cui vi- vezza è tutta raccolta nel movimento delle mani a contrasto di due gambe magrissime che sembrano assottiglia- te dal peso della sovranità, non è di- menticabile. Dalla parola di Vilar na- sce l'accento che i suoi interpreti con- dividono e per il quale la tragicomme- dia di Corneille assume andamento e maestà di concerto. Al « Théâtre Populaire » è succeduto il «Kammerspiele» di Monaco, il quale ha rappresentato il Woyzeck'di Georg Büchner e il matrimonio del signor Mississippi di Friedrich Dürrenmatt. Alla scelta del Woyzeck non è estra- neo un allacciamento lontano all'im- pressionismo pittorico cui è stata fatta larga parte nella mostra figurativa. Büchner mori ventiquattrenne nel 1837. e che fosse stato un precursore dell'im- pressionismo nell'epoca preromantica fu scoperto un secolo dopo. Egli fu anche no liberale avanti lettera, ed oggi si potrebbe addirittura pensare che aves- se antiveduto la tecnica cinematografi- ca. Certo la frammentarietà del Woy- zeck, che è opera postuma, il suo de- centramento e l'assenza di sviluppi tra dizionali, sono aderenti al gusto d'oggi. E il «Kammerspiele >> di Monaco, di- retto da Hans Schweikart, ne ha af- frontate le difficoltà con decisione am- mirevole. Hans Christian Blech, Marie Luise Willi, Friedrich Domin, Adolf Gondrell e gli altri attori del Kammerspiele >> sono i continuatori di una tradizione che risale al 1911 e che non fu interrotta nemmeno da due guerre. Quanto gran- de sia il loro impegno, e quale la loro capacità, si è visto anche nella comme- dia di Dürrenmatt, un giovane scritto- re svizzero tedesco al quale hanno fatto credito anche i molti spettatori che ignoravano la lingua tedesca. le pasowi deli Eli.eavaliausia Un bell as LA CARRIERA VELOCE DI GERARD PHILIPE nous fa tomare di morta Coneille. Aneke de fyn dioffi, grazie alii, poteno queste approssimativamente le parole del filosofo france- se, in cui sembra che dentro di te, senza che la tua volontà vi concorra, si svegli come il ricordo di un altro te stesso, che si muove per suo conto per una durata brevissima) e che ti dà la sensazione profonda e misterio- sa d'avere vissuto un'altra vita. In quei momenti si è come doppi. Ci sono contemporaneamente te che guardi e un altro te che agisce libero e nuovo come una crea- tura nata in quel momento alla vita ». Quando recita Philipe si sente appunto in uno di questi momenti. Gérard Philipe è nato a Cannes trentun anni fa. Suo padre era proprietario di un albergo. Sotto l'occupazione tedesca e il governo di Vichy, Philipe studiava filosofia. La vita a Cannes era triste. Philipe andava a passeggio sulla costa e guardava mare. Un giorno, nella primave- ra del '42, vide accanto a sé un uomo di una trentina d'anni, alto, col naso lungo e la bocca sottile, gli occhi tondi e curiosi. Era l'attore Claude Dauphin. Dauphin e Philipe cominciarono a parlare. A un certo punto Dau- phin gli propose di iscriversi al corso di recitazione tea- trale che Jean Wall aveva iniziato in città. Così, l'an- no successivo, nel '43, Philipe scendeva dal cielo di un teatro di Parigi, nelle vesti dell'angelo di Sodome et Gomorrhe, il dramma di Jean Giraudoux. Nella sua seconda recita a Parigi, al teatro Mathurins, Philipe fu ancora un angelo e poi, a liberazione avve- nuta, fu Caligola, nel dramma di Albert Camus. Il Ca- ligola di Camus non somiglia molto a quello vero; è un personaggio romantico che ha lunghi colloqui con la luna, e la sua ferocia è il frutto di una filosofia assurda. «M AI FINO ad oggi», ha detto una volta Gérard Philipe, l'attore francese che ha riportato la set- timana scorsa grande successo a Venezia e a Mi- lano nel Cid, diretto da Jean Vilar, « le cose mi sono andate secondo le previsioni; volevo fare il medico ed eccomi attore; attore, mi sarebbero piaciute parti dal vero, in giacchetta e calzoni, ed invece ho quasi sempre interpretato personaggi di altri tempi, talvolta irreali, in costume; mi piaceva la vita tranquilla, e ho sposato una donna che fa l'esploratrice ». Philipe ha il viso magro, serio, e sotto la folta capi- gliatura castano scura i suoi occhi chiari riflettono come un'ombra. Vive alla periferia di Parigi, a Neuilly, con la moglie Nicole Fourcade, che ha otto anni più di lui, e il figlio che essa ha avuto da un primo matrimonio. E silenzioso e riservato. Se non è per lavoro, esce di rado. La sera, preferisce studiare. Ma dentro questo uomo ne vive un altro, pieno di vivacità, di impeto, talvolta per- sino privo di controllo, che si manifesta soltanto in teatro o davanti alla macchina da presa. Ci sono due Philipe; uno che passa ore al tavolino leggendo libri di filosofia e di teatro, l'altro, che abbandonandosi al suo estro, va oltre i piani del regista ricreando quasi la sceneggiatura e meravigliando i compagni di lavoro. «Dopo nove anni che lavoro», ha detto Philipe, « mi sono convinto che non sarò mai un attore riflessivo, ma che mi lascerò sempre trasportare da una specie di forza irrazionale ». Quando studiava filosofia aveva letto, in un saggio di Bergson, una frase che l'aveva particolar- mente colpito: «Ci sono momenti nella vita », sono
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  • Notes: Le pubblicazioni Chanson douce (Dolce fiaba), Edizioni musicali Radio Record Ricordi, Milano 1952; Théâtre Hébertot di Parigi, Dialogues des carmélites, W. Fischer, [Paris] 1952; tutti i numeri di «Une semaine de Paris» presenti nella III Sezione: Biblioteca sono state rinvenute insieme agli altri materiali di questo fascicolo. Carla ha soggiornato presso Madame Roux (cfr. I.1.4.6).
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