L'eremita egiziano Sant'Antonio Abate è raffigurato in questo dipinto di devozione privata con i suoi attributi comuni: un campanello e un tau, un bastone con un manico a forma di T. I suoi occhi fissano il terreno come in un gesto di pentimento e le sue braccia sono incrociate sul petto come quelle di un mendicante. Si tratta di una tipica posa di umiltà cristiana.
Poco si sa delle origini di questo piccolo lavoro, tranne che risale sicuramente all'inizio della carriera del Correggio, probabilmente tra il 1514 e il 1516. Nel XIX secolo l'opera fu esposta nella galleria di una delle chiese più importanti di Napoli, la Chiesa dei Girolamini. Nel 1901 lo storico dell'arte Adolfo Venturi riconobbe nell'opera la mano di Correggio. Da allora il dipinto fa parte del corpus di opere dell'artista.