Il piano del tavolo e gli oggetti che lo sormontano, disegnati da linee colorate i cui toni freschi si sovrappongono al bianco dello sfondo, sono geometricamente costretti all’interno del rettangolo della tela e ridotti a un viluppo labirintico, prossimo all’astrazione. Elementi puntiformi e circolari (probabilmente pomelli di sedie, piatti e frutti) costellano il dipinto, facendosi cardini dei tracciati e ancorando l’intera griglia compositiva. Picasso sceglie lo schematismo ideografico che, in germe nelle opere surrealiste, aveva trovato un primo esito nel monumentale Pêche de nuit à Antibes del 1939 (New York, Museum of Modern Art), radicalizzandolo in un uso del tratto che da morbido arabesco decorativo di ascendenza matissiana sembra tramutarsi in rigida piombatura. In ciò la Natura morta con melone, datata all’ottobre del 1948, si mostra stilisticamente prossima alla Cuisine, opera rilevante nella produzione del secondo dopoguerra, la cui prima versione (New York, Museum of Modern Art), ispirata all’abbacinante candore della sala da pranzo dell’atelier di rue des Grands-Augustins, spezzato qua e là dai vivaci ornamenti delle suppellettili, è dipinta nel novembre dello stesso anno. In questo giro di mesi Picasso, la cui attività è divisa tra Parigi e la cittadina di Vallauris nel sud della Francia, si dedica con costanza all’opera ceramica: interessanti, a tale proposito, sono le affinità nell’uso del colore e della linea rintracciabili tra le decorazioni di alcuni vassoi realizzati sul volgere degli anni Quaranta nei laboratori Madoura di Suzanne e Georges Ramié e il dipinto torinese.