Ho visto degli scioperanti tramvieri aggradire un tram e il suo condutto-
re, un crumiro "vien giu, vien giù, giù" e intanto battevano i pugni sul-
le portiere. Prima ero bloccata dalla brutalità e cercavo di risovere
chiedendomi chi aveva ragione, ma con l'impressione che non sarei mai
potuta uscire dalle mie rabbie e manifestazioni private. Adesso sento il
sangue gelarmi lo stesso, però avverto che la brutalità è un momento ine-
vitabile non solo tra persone, ma tra gruppi, interessi, situazioni di-
verse, che non si capiscono.
Sto partendo da Milano e non vorrei, però, motivi prativi a parte, non
ce la farei a restare. Sono esausta, e devo cercare una pausa. Turicchi
è questa pausa. Però so già che, arrivata li, dopo essermi riposata, mi
guarderò intorno e mi chiederò dove sono le mie amiche. Sono a Milano, e
io dovrò proseguire per Roma dal Tita.
L'affermazione di sè da parte di un'altra provoca dubbi che vengono pro-
iettati sotto forma di sospetti. Per questo il sospetto, essendo un dub-
bio travestito, fa soffrire con tanta intensità. Perciò dal sospetto si
puð misurare quanto l'altra sta diventando autonoma.
In che cosa il sospetto differisce dal giudizio negativo. A freddo è fa-
cile capirlo, ma quando si è coinvolti come distinguere l'uno dall'al-
tro?
Oggi Ritva non ha più voglia di vedermi: ormai accetto tutto da lei per-
chè ne sono distaccata. Come in un amore agli sgoccioli capita di riac-
cendere le speranze in una possibilità di incontro imprevisto, cosi con
lei mi succede di provare emozione, commozione se la sento ben disposta.
Ma di fronte a una nuova durezza, il mio desiderio cade senza opporre
resistenza.
Questa schermaglia sta diventando simbolica. Stasera Ritva richiama, ma
io sono da mia sorella. Potrei lasciare Lidia con cui non ho nessun im-
pegno, e fissare con lei. Ma non ho l'entusiasmo per fare lo sforzo. Spe.
ro solo che il dilemma, per quello che dura, non mi guasti la serata.
Non me la guasta.
Ritva oscilla nei suoi stati d'animo e dà libero corso alla sua oscilla-
zione. A volte mi detesta, a volte no. Che mi detesti non mi paralizzax
più, se non passa certi limiti.
La storia dell'inferiorizzazione della donna è cosi: che la bambina vede
che la donna sceglie non una del suo sesso, ma un altro, di sesso maschi
le. Quindi si chiede cosa le manchi per essere amata dalla madre, esco-
pre che le manca il pene. Crede di capire che la madre ama il padre per
impossessarsi del pene, quindi vede la madre come una che non si accetta
per come è: soffre della mancanza del pene, e traffica nell'oscurità
per procurarselo. La bambina che si identifica nella madre e nei suoi
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