per una strada di liberazione. Poichè il termine di liberazione l'uomo
ha deciso che spetta alle altre.
Cerchio d'amore
Ritva io sono
la fonte genuina
che la tua fonte genuina
riconosce
Ho telefonato a Ritva, mi ha risposto il marito e ho riabbassato. Volevo
dirle "ho nostalgia di te, vorrei essere rassicurata da te, mi ritrovo
in te". In me.
Di nuovo ho un senso di superiorità tremendo, che estendo a lei, alle
altre: è questo senso di integrità che nella mia piccolezza mi tiene in
alto, mi fa precipitare in basso, e io navigo ogni onda, ogni spruzzo,
ogni oscillazione, e ne sono cosciente.
31 genn. Il dibattito sul Corriere della Sera a proposito dell'aborto,
come ogni dibattito, ha già provocato un'involuzione. In effetti, se gli
ostacoli a un'apertura su se stessi sono le resistenze (inconscie) dell'
Io, è evidente che un clima di competizione, sia pure mascherata, non
può che rafforzarle.
Caro Pasolini, cos'è la tua interpretazione dell'aborto come particolare
forma di eutanasia ecologica, se non Realpolitik? E cos'altro è la rego-
lamentazione dell'aborto? L'unica soluzione che sfugga alla Realpolitik è
l'aborto libero, cioè un principio che riconosca alla volontà della don-
na il diritto di decidere se portare o no avanti una gravidanza, di ge-
nerare un figlio.
Una gravidanza non desiderata è un'aggressione biologica (e, ovviamente,
culturale e politica) inferta alla donna, per cui il principio a cui lei
ricorre per liberarsene è soltanto un principio di legittima difesa. Non
è detto che una donna sia una cattiva madre del figlio non desiderato,
ma certamente essere stata costretta a anteporre la vita di un altro es-
sere alla sua, ha un effetto distruttivo sulla sua identità. Infatti l'
aggressione di cui parlo non è soltanto fisica, in senso medico, o psi-
chica, cioè di competenza dello psicologo, ma soprattutto un'aggressione
alla sua insindacabilità di essere umano. Queste formulazioni a te sem-
brano isteriche - e forse la loro espressione in stato di cattività
e dunque di conflittualità con la cultura condizionante può esserlo.
Ma io ti esorto alla fratellanza: se tu sentirai nella donna una sorella
prima che una madre, avrai fatto un passo di fiducia che ti permetterà
di capire.
La donna genera a suo rischio e pericolo, pericolo di vita, intendo, e
la sua familiarità con la generazione è anche familiarità con la morte.
Assisti a un parto e vedrai. Come dicono le ostetriche, finchè la donna
non grida "muoio muoio" il parto non avviene. Forse oggi ci sono, o in
futuro ci saranno, mezzi tali da ridurre in parte questa agonia del par-
to. Ma l'inconscio della donna registra che la nascita di un altro esse-
re avviene al prezzo dell'accettazione della sua propria morte. E nes-
suno, se non la donna stessa, può decidere se è giunto per lei il momen-
to di tale accettazione, che ancora molto da indagare su questo, ma non
ho dubbi che quell'intimità con la morte che da sempre l'uomo ha avverti-
to nella donna ha a che vedere con la gravidanza e col parto, e con la
sua esperienza di essere incinta e di generare. Quindi la maternità non
è solo un fatto biologico, ma un fatto che mette in gioco tutto l'equi-
librio raggiunto dalla donna e opera per il formarsi di un nuovo equili-
brio che assorba e rielabori a livello di identità tutti gli eventi bio-
logici. Di questo problema la donna non può essere costretta a rendere
conto alla società, ne la società può trattarla solo come "terreno fecon-
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