Questa tavola fu eseguita da un Bramantino appena ventenne, ma già molto ben strutturato nella capacità di elaborare opere assai complesse dal punto di vista simbolico. I personaggi raffigurati sono distintamente divisi in due gruppi: in posizione più elevata sta un gruppo di musici, probabilmente angeli apteri, vale a dire senza ali, intenti a suonare degli strumenti riprodotti in modo filologicamente rigoroso, benché privi delle corde. Nel gruppo degli adoranti è possibile isolare, alla sinistra dell’osservatore, una figura, l’unica, ad eccezione degli angeli, a non avere lo sguardo fisso sul Bambino, ma sulla donna a destra in primo piano. Nel tempo, la critica ha offerto tre identificazioni suggerendo che si potesse trattare dell’imperatore Augusto, del poeta Virgilio o del dio Apollo. In questa sede si sostiene che si tratti, senza ombra di dubbio, di Apollo, riconoscibile dalla corona di alloro e dalla lunga face - la caratteristica fiaccola - riprodotta esattamente secondo i numerosi esempi che i reperti greci e romani testimoniano. Un Apollo vecchio ed imbruttito, appoggiato a una face spenta e sormontato da un ramo secco, sta a simboleggiare la fine del paganesimo, ma il suo sguardo alla donna ritta in primo piano sulla destra, molto probabilmente una sibilla, che a sua volta fissa lo sguardo sul Bambino, pare come l’invito a considerare l’epoca classica come la buona e necessaria preparazione all’era di Cristo, secondo una concezione frequente già nel Medioevo; non a caso, è proprio un arco classicheggiante a fornire lo sfondo della scena. L’opera contiene anche un importante aspetto mariologico; infatti, se si presta attenzione alla geometria della composizione, si può notare come la Vergine ed il Bambino siano perfettamente inscrivibili in un triangolo isoscele, a voler sottolineare un elemento teologico particolare, quello dell’Immacolata Concezione di Maria (la dottrina secondo la quale la Madre di Dio fu preservata dal peccato originale); ciò potrebbe essere confermato da due elementi: uno è la presenza di san Francesco (riconoscibile dalle stigmate) e di san Bernardino da Siena, poiché è risaputo che i francescani sostennero con la loro predicazione tale aspetto teologico; l’altro è la presenza, alle spalle della Madonna, a fianco di Giuseppe, di Salome, riconoscibile dalla mano inaridita, la levatrice che fu punita proprio per non aver creduto nel parto verginale, secondo la narrazione del Protovangelo di Giacomo (la presenza di questo personaggio in una Natività ha un precedente in quella eseguita da Robert Campin nel 1425 ed ora conservata al Musée des Beaux Arts di Digione); il parto indolore di Maria è indice dell’essere libera dalla maledizione comminata ad Eva per aver commesso il peccato originale (“nel dolore partorirai”, secondo le parole del Libro della Genesi). Da notare, infine, come la decorazione del capitello della lesena del pilastro dell’arco richiami quelle dei capitelli delle lesene nella chiesa di Santa Maria presso San Satiro, il cui architetto fu Bramante, chiaro omaggio del Bramantino al suo illustre maestro.