Il pittore, partecipe ai moti contro i Borbone nel 1848, fuggì in Egitto, dove lavorò per il Khedivé Said Pascià. Tornato a Napoli nel 1862, Marinelli ricompose in immagini d’invenzione taccuini e ricordi dei soggiorni in Oriente. L’opera raffigura le danzatrici dell’harem del sultano che, fingendo di esser state morse da un’ape, si contorcono voluttuosamente fino a perdere le vesti.
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