Peter Friedl
Nato a Oberneukirchen, Austria, nel 1960.
Vive e lavora a Berlino, Germania.
Dopo aver lavorato come critico teatrale, Peter Friedl si è affermato in campo artistico come un acuto interlocutore delle forme della rappresentazione. Il suo articolato e vario corpus di opere mette in luce il pensiero ideologico connaturato alle intenzioni degli artisti di esporre la storia e di migliorare l’educazione visiva del pubblico. Friedl, rappresentando spesso forme storicamente e ideologicamente ricercate, mette in rilievo l’interdipendenza di testo e immagine per mostrare che “nulla è sottinteso”, come ha affermato in modo molto eloquente la teorica olandese Mieke Bal. Contrapponendo una all’altra forme costruite, le opere di Friedl non solo disarmano le strutture storiche del potere ma risolvono anche le contraddizioni del progetto modernista, conferendo forme comuni a concetti incompatibili. Cosi facendo rendono nuovamente affascinanti le promesse del passato.
La serie Rehousing di Friedl (2012-2014), per esempio, gioca sugli svariati significati del modellino architettonico. In quanto strumento concettuale, il modello offre una descrizione sintetica del mondo, ma in quanto strumento politico indica anche il futuro. Il titolo della serie si riferisce a un progetto dello Dipartimento americano per l’Edilizia e lo Sviluppo Urbano, chiamato “Programma americano per la prevenzione dei senza tetto e per un rapido ri-alloggio”. Obiettivo del programma e quello di “fornire assistenza finanziaria e servizi per evitare che persone e famiglie rimangano prive di una casa e per aiutare coloro che ne sono già privi a trovarne rapidamente una in maniera stabile”. Fornire una casa ai senzatetto è pero un rimedio puramente ideologico agli eccessi del capitalismo imperversante.
Poiché le sculture architettoniche di Friedl vengono presentate prive di contesto, esse oscillano fra il generico e lo specifico. Rappresentano la storia del modernismo come una serie di casistiche eterogenee e problematiche, e fra queste vi sono la casa dei genitori dell’artista, il capanno del filosofo Martin Heidegger nella Foresta Nera, la residenza privata del rivoluzionario comunista Ho Chi Minh, una baracca americana destinata agli schiavi del XIX secolo, un tugurio berlinese costruito da immigrati e una colonia residenziale progettata ma non realizzata dall’architetto modernista Luigi Piccinato. Ciascun modello, in quanto risposta architettonica a esigenze sia private che politiche, rappresenta la politica e l’ideologia di un particolare soggetto. Mettendo alla prova i limiti della rappresentazione architettonica, Friedl, in definitiva, vuole mettere in dubbio l’estetica della memoria culturale. Liberando il modello dalla sua funzione di intermediario fra concetto e attuazione, l’artista definisce le sculture “studi analitici per un tipo di geografia mentale relativa a una corrente alternativa di modernità”.
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