Garullo&Ottocento espongono alla Biennale di Venezia anche l’opera che li ha resi celebri, ossia “Il sogno degli italiani” (2010-2011). La reazione di shock che essa può scatenare in
un pubblico poco educato alla dirompenza dell’arte contemporanea e l’innegabile forza simbolica che la stessa trasmette, giustifica l’eco che questo lavoro ha avuto nella stampa e nei mass media. L’installazione rappresenta l’ex Premier Silvio Berlusconi
disteso in una teca di cristallo come un antico papa o un santo. L’utilizzo magistrale
dei materiali (gomma siliconica, stoffa, vetro, capelli organici, legno, carta e metalli) restituisce un’immagine di incredibile verosimiglianza, alla maniera di Duane Hanson o di Ron Mueck. Quest’opera condivide con “L’inconfessabile gesto”, altra realizzazione artistica che verrà spiegata nel corso del saggio critico, la grande quantità di rimandi simbolici, a partire dal titolo che si riferisce ad uno dei modi con cui Berlusconi si presentava alle signore (“Io sono il sogno degli italiani”) nonché ad alcuni suoi discorsi pubblici, come quello successivo alla vittoria delle elezioni del ‘94 (“Anch’io, come altri prima di me, ho fatto un sogno”). Anche questa volta l’interpretazione dell’opera di Garullo&Ottocento si accompagna allo studio della letteratura
dedicata al tema, a partire dal libro “Il corpo del capo”, nel quale Marco Belpoliti identifica
Berlusconi come “il più warholiano dei politici”, dunque il soggetto perfetto per
un ritratto. Ed è proprio il suo ritratto uno degli elementi più importanti dell’installazione:
il volto del protagonista, piegato verso sinistra, nasconde al primo sguardo un
sorriso sognante. Questo sorriso, se messo in relazione con il senso di sacralità e di
morte emanato dalla teca, produce nell’osservatore un effetto di spaesamento. Si
inizia infatti ad avvertire l’ambiguità di un’immagine che si percepiva come inerte e
spenta, ma che invece presenta ancora segni di vitalità. L’abito scomposto, la cravatta
allentata, la camicia e i pantaloni sbottonati contribuiscono ad alimentare l’impressione che la figura sia immersa in un sonno profondo, in attesa di essere svegliata come la Biancaneve delle fiabe. Il richiamo al mondo fanciullesco, d’altro canto, è veicolato dalle pantofole a forma di Topolino (divenuto l’emblema dei due artisti); le calzature rinviano infatti all’immagine giocosa e giullaresca di Berlusconi e contrastano con la solennità della vetrina. La mano destra del Cavaliere è posata sull’opuscolo che inviò a milioni di italiani per far conoscere la sua storia di uomo e di politico, mentre la mano sinistra poggia in prossimità del pube. Se dunque la parte destra del corpo (quella più visibile allo spettatore) rappresenta l’immagine ufficiale del politico, quella sinistra parla dell’ostentata voracità sessuale e degli scandali che hanno coinvolto l’uomo. L’opera di Garullo&Ottocento è infatti, prima di tutto, un’indagine sul
corpo di Berlusconi, concepito come una sorta di icona fortemente imbevuta di simbologia.
Il corpo dell’ex Premier è analizzato alla luce del culto della personalità che lo ha circondato, come icona del potere e come simbolo di un certo tipo di italianità. La teca dei due artisti ci consegna quindi l’immagine di un “santo postmoderno”, diviso tra una personalità pubblica mistica, quasi da “re taumaturgo” ed una realtà umana. L’interpretazione del Commissario del Padiglione, Dott. Daniele Radini Tedeschi contestualizza l’opera ai nostri giorni. Esposta al pubblico nel 2015, infatti, la teca di Berlusconi assume il significato, a dirla con le parole del Commissario, di «simulacro vittima del nuovo “potere Renziano”. Berlusconi diventa attualmente percepibile attraverso le sue fragilità e la sua voglia di sognare».