Pier Domenico Magri partecipa all’edizione del 2015 con un’installazione dal titolo “L’Eternit Riposo” (2015). Attraverso quest’opera Magri si distacca dalle modalità esclusivamente pittoriche precedentemente utilizzate per esplorare nuovi ed inediti aspetti e procedimenti del fare artistico. Siamo infatti di fronte alla prima installazione dell’artista che permette il disvelamento di una componente ironica e di un gusto caustico, sottile e mordace che nelle altre opere egli aveva sottaciuto. L’installazione è stata realizzata utilizzando diversi materiali e presenta molteplici componenti che, unite tra loro, rivelano il senso complessivo dell’opera.
il punto focale dell’installazione, ossia il dipinto “Nessun Dove”, n. 2 (2014). L’opera fa parte di una serie numerata di olii su tela dallo stesso titolo e si caratterizza per il forte impatto emotivo che scatena sin dal primo sguardo. Diversamente dalle opere precedenti, che erano coloratissime e giocate su toni caldi, qui ci troviamo di fronte alla forza dirompente del colore nero, che pare ingabbiare ed assorbire nel suo buio ogni accento luministico. Le tenebre
della tela sono tuttavia squarciate dall’irruenza impetuosa di pennellate quasi fosforescenti
color ghiaccio, blu e violetto che si dispongono sulla pellicola pittorica in modo apparentemente disordinato. Il colore scalfisce il buio dello sfondo lungo tutta la superficie del dipinto ma tende a concentrarsi soprattutto nella zona centrale, sotto forma di agglomerato pittorico.
Il contenuto semantico più importante da definire è il più palese, ossia la lotta che si sta svolgendo sulla tela tra tenebra e luce, tra orrore cieco e razionalità, tra disperazione e salvezza.
La tettoia che protegge il dipinto è realizzata con un materiale simile all’eternit, utilizzato in edilizia sotto forma di lastre piane o ondulate per le coperture, impiegato altrimenti per la coibentazione delle tubature. Inventato nel 1901, il materiale fu utilizzato sino al 1986, nonostante già negli anni Sessanta i risultati di alcune ricerche avessero dimostrato che la polvere di amianto, prodotta dall’usura dei tetti e usata come materiale di fondo per la pavimentazione di strade, fosse altamente cancerogena e provocasse asbestosi.
Ai lati del dipinto si collocano due piedistalli sopravanzati di poco rispetto al piano di fondo e simmetricamente distanziati tra loro, al cui vertice sono posizionati un busto di Adolf Hitler (a sinistra) e un pupazzo di peluche (a destra). Il busto del Führer è contraddistinto da una spenta monocromaticità, interrotta unicamente da un accenno di colore rosa nel famoso baffetto che ai suoi tempi fece moda. Esso dona all’immagine una leggerezza che non ci si aspetterebbe dal ritratto dell’uomo che ordinò lo sterminio di milioni di persone, eppure questo tocco “Pop” non stona affatto con il carattere complessivo dell’opera. Hitler, del resto, seppe creare intorno a sé un culto della personalità che lo rese un icona già in vita.