La grande tela, che costituisce, dopo Il fienile, uno dei primi esiti della sperimentazione divisionista di Pellizza, fu realizzata tra il 1895 e il 1898, ma la fase preparatoria e di studio, testimoniata da numerosi disegni e bozzetti, è databile già al 1894.
L’ampia veduta della campagna intorno a Volpedo è scandita dall’incedere delle pecore che in fila sugli argini del fiume Curone si susseguono conferendo un andamento orizzontale alla composizione del dipinto. La forte cesura orizzontale dettata dalla lunga fila di animali è in realtà stemperata dalla presenza di linee verticali e convergenti che partono dalle pozze d’acqua in primo piano e dai dolci profili delle colline retrostanti convergendo verso la linea disegnata dagli animali.
La scena è pervasa da una forte luminosità che investe le collinette, il paesaggio, l’acqua. Questo suggestivo effetto luministico è realizzato da Pellizza grazie ad una stesura del colore puro a piccoli tocchi. Il dipinto è infatti esempio della maturazione della tecnica divisionista a cui Pellizza si era avvicinato grazie all’amico Nomellini e dopo gli esiti raggiunti da Morbelli, Previati, Segantini che destarono una acceso dibattito alla Triennale di Milano del 1891.
La citazione del versetto del purgatorio di Dante (Purgatorio, III, 82) che Pellizza scelse per il titolo dell’opera, è dimostrazione della poetica sostenuta dall’artista, il quale riteneva necessaria una formazione non solo tecnico artistica, ma anche umanistica.