È il ritratto di Flaminio Torregiani (1729-1792), parmigiano ricordato come protofisico, medico e chirurgo ducale, professore di anatomia dal 1768 e poi di medicina teorica e di fisica sperimentale. Fu anche professore presso l'Accademia di Belle Arti di Parma. Il dipinto, del pittore Melchiorre Ferrari, è fra i più begli esempi della ritrattistica parmense che nella seconda metà del Settecento si rifà ai modelli francesi. Tipica dell'artista la profonda attenzione dedicata ai dettagli, alla materia dei costumi, al gesto, all'espressione e all'analisi introspettiva, unita ad un rigore tecnico determinato dalla sua educazione accademica. Di questo modo di ritrarre, l'effigie di Torregiani diviene un esempio: ci viene presentato attraverso una dettagliata e lucida descrizione dei particolari, e dell'ambientazione; la statuetta Esculapio, il dio greco protettore della medicina, è un "attributo" utilizzato per connotare il personaggio e la sua indole. Angelo Pezzana, direttore della Biblioteca Palatina dal 1804 al 1862, ne scriveva "la sovità dell'eloquenza e la sua facondia fecero ognor gradito e ameno ogni suo insegnamento" e ancora "la sua carità verso i poveri il fece singolare da tutti. Aborrì l'adulazione ed i maneggi per innalzarsi".